Una lotta contro il tempo. Una corsa al cardiopalma per strappare a morte certa gli ultimi tre dispersi nel terribile incidente alla centrale Enel Green Power Bargi di Suviana. «Poteva essere il nostro Vajont», commentano in paese. Passano le ore, crollano le speranze di trovare ancora in vita i tecnici che mancano all'appello. Quindici in totale gli operai coinvolti nell'esplosione, solo tre gli illesi. Le persone che hanno perso la vita sono Mario Pisani, 73 anni, residente a San Marzano di Giuseppe (Taranto), Vincenzo Franchina di 35 anni, residente a Sinagra (Messina) e Petronel Pavel Tanase, 45 anni, romeno residente a Settimo Torinese. «Mio marito è là sotto - racconta una donna - devono fare presto». Intrappolati a trenta metri di profondità, bloccati nei locali invasi dalle fiamme e dal fumo, sommersi dall'acqua.
Un destino terribile per la squadra che ieri stava effettuando il collaudo finale a uno dei due impianti di produzione di energia elettrica, pompa e turbina, al termine di un delicato intervento di manutenzione straordinaria. Nel momento di accendere il sistema qualcosa non ha funzionato e l'esplosione ha investito il gruppo di operai. Qualcuno è riuscito a lanciare l'allarme mentre il fuoco avvolgeva i compagni di lavoro nonostante le tute speciali e le attrezzature di sicurezza. «Il boato lo abbiamo sentito a un chilometro di distanza», raccontano i primi soccorritori che hanno fatto la spola dal ristorante La Spiaggetta, sulle rive del lago artificiale, al campo base dove vigili del fuoco e protezione civile hanno coordinato tutte le operazioni di salvataggio. «Un gravissimo incidente sul lavoro - spiega il sindaco di Camugnano, Marco Masinara -. Lo scoppio sarebbe avvenuto all'interno di un locale storico, che funzionava da decenni». Forse troppi, tanto da necessitare di una manutenzione straordinaria effettuata dai 15 operai coinvolti nell'esplosione. «Il nostro Vajont - commenta un residente di Suviana - se la vecchia diga non avesse retto all'esplosione e l'invaso avesse allagato i nostri cinque paesi. Diga e bacino hanno cent'anni, se hanno retto è solo un miracolo».
«Una tragedia di queste proporzioni è veramente un inferno. Questa è una tragedia italiana. Anche la dinamica ci sta lasciando davvero scossi e questa difficoltà nel cercare i dispersi sta peggiorando la situazione», commenta il sindaco di Castiglione dei Pepoli, Maurizio Fabbri, presidente dei comuni dell'Unione dell'Appennino. «Per noi dell'Appennino, dove questi laghi sono anche un po' un simbolo, questa sarà una tragedia che rimarrà per sempre nella nostra storia - aggiunge -. In questo momento c'è bisogno di sostenere i soccorritori. Si stanno organizzando per portare loro da bere e da mangiare».
Sul luogo del disastro, tenuti a distanza di sicurezza, parenti e amici dei tre operai che, dopo ore di ricerche, non sono stati ancora trovati. Non parlano, qualcuno piange e si dispera. Con il passare dei minuti, delle ore, aumenta la certezza di trovarli senza vita. I vigili del fuoco scendono e risalgono poco dopo da quell'inferno di fumo dove la temperatura è insostenibile per chiunque. Devono arrivare a quota meno nove, a 30 metri di profondità, per raggiungere i locali esplosi nell'incendio e poi sommersi dall'acqua del bacino. Una missione impossibile, o quasi, anche per i più esperti costretti a scendere con maschere e bombole di ossigeno e farsi strada nel buio più completo. Enel Green Power fa sapere di aver attivato tutte le necessarie misure di sicurezza per garantire il corretto svolgimento delle procedure di evacuazione.
La centrale di Bargi viene realizzata dall'Enel negli anni Settanta sfruttando la vecchia diga realizzata nei primi anni Trenta dalle Ferrovie dello Stato per alimentare una centrale idroelettrica, tuttora a valle della diga, per produrre energia per la Direttissima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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