Ci sono alleanze «che siamo costretti a fare dalla legge elettorale» dice Enrico Letta. Il leader Pd sta infatti allargando al massimo la capienza del listone di centrosinistra. Al momento ci sono dentro, oltre al Pd, Azione di Calenda con l'aggiunta degli fuoriusciti da Forza Italia, poi Leu, Sinistra Italiana e Verdi, un po' di ex grillini tra Di Maio e governisti del M5s pronti a mollare Conte per un seggio col Pd. Tutti dentro un contenitore elettorale che si chiamerà «Democratici e progressisti». Un calderone che tiene dentro gli opposti, draghiani e antidraghiani, moderati e massimalisti, nemici del reddito di cittadinanza e suoi sostenitori.
Tutte contraddizioni che esploderebbero un minuto dopo il voto. Ma il problema è che al centrosinistra queste alleanze «forzate» potrebbero non bastare nemmeno. Youtrend insieme a Cattaneo Zanetto & Co, sulla base delle intenzioni di voto al 15 luglio, ha simulato tre scenari per il dopo elezioni, in base al diverso perimetro delle alleanze a sinistra. Si parte da un assunto che, dieci giorni dopo, sembra già superato, cioè l'alleanza Pd-M5s. Molto improbabile ma non ancora impossibile. Ebbene, ipotizzando un'alleanza tra Pd, M5s e poi Sinistra e Verdi, senza quindi i partitelli di centrosinistra (Calenda e Italia Viva), il centrodestra vince a mani basse ottenendo la maggioranza assoluta in entrambe le camere: 221 seggi su 400 alla Camera e 108 su 200 al Senato. Scenario numero 2. Al momento quello più realistico, perché vede un centrosinistra composto da Pd, Azione, Sinistra e Verdi (cui si aggiunge anche Italia Viva), con il M5s che corre da solo e poi il centrodestra. In questo caso, si legge, «il centrodestra arriverebbe ad avere una maggioranza ancor più ampia, sfiorando il 60% dei seggi: 240 alla Camera e 122 al Senato». È solo con il terzo scenario che il centrodestra andrebbe in difficoltà, vincendo di misura. La simulazione però prevede l'ipotesi di un'alleanza larghissima del centrosinistra che includerebbe in sostanza tutti i partiti non di centrodestra. E quindi Pd, Azione, Italia Viva, Sinistra e Verdi e in più anche il Movimento Cinque Stelle. Una grande ammucchiata, da Calenda a Conte passando per Renzi, Speranza e Fratoianni, che - per quanto politicamente impraticabile - perderebbe ma di poco: 187 seggi alla Camera contro i 202 del centrodestra, 94 al Senato contro i 99 del centrodestra. Di fatto un pareggio, ma al prezzo di mettere insieme partiti incompatibili.
L'altra opzione della sinistra è quella vincere in un certo numero di collegi-chiave. Bastano quelli per impedire al centrodestra una vittoria netta. Letta li ha identificati in 90: 60, alla Camera, 30 al Senato. Da quelli «dipenderanno le elezioni», dice il segretario Pd, che ha in mente anche di coinvolgere i sindaci dem (ieri ha incontrato Sala, oggi una delegazione di sindaci) o con la loro candidatura diretta o con una lista di appoggio con il nome del sindaco come sponsor. Secondo Youtrend i collegi «contendibili» sono un po' meno, 67 in tutto, «aree del Paese con caratteristiche sociali molto diverse fra loro, accomunate dall'estrema incertezza dell'esito elettorale. Si va dal collegio di Sesto San Giovanni, a Ragusa, Forlì, Ancona e Pisa, o collegi urbani di Roma-Fiumicino e Torino Nord sul filo qualunque siano le alleanze.
«I territori in bilico cambiano in base allo scenario - prosegue Youtrend - ma restano comunque decisivi, tanto da poter spostare l'esito elettorale da una super-maggioranza di centrodestra a un Parlamento ingovernabile senza alcuna coalizione che ottiene una maggioranza». Forse proprio l'esito a cui puntano i Dem.
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