Il risultato positivo per i repubblicani alle elezioni di metà mandato in America era stato annunciato. La misura del successo del Grand Old Party è stata però sorprendente. Il partito ha rafforzato il proprio controllo della Camera e conquistato il Senato, ottenendo una maggioranza che non aveva così larga dal 1928, quando fu eletto presidente Herbert Hoover. È «un ripudio considerevole del presidente e della sua politica», ha scritto Ross Douthat sul New York Times . Obama l'ha presa meglio di quattro anni quando considerò «uno schiaffo» la conquista repubblicana della Camera. Adesso che gli hanno strappato anche il Senato dice conciliante: «Mi piace bere bourbon del Kentucky con McConnell...» quasi sicuramente prossimo leader della maggioranza al Senato. Offre la disponibilità che la situazione gli impone: «Sono ansioso di lavorare insieme al nuovo Congresso nei prossimi due anni». Ma solo ora che ha perso fa il duro: «Chiederò al Congresso una nuova autorizzazione per usare la forza militare contro il gruppo dello Stato islamico. I nostri soldati meritano il chiaro sostegno del loro governo». E sul programma nucleare iraniano: «Meglio nessun accordo piuttosto che un cattivo accordo». Sull'immigrazione sta sul vago: «Entro fine anno agirò per migliorare la sicurezza dei confini Usa». Come? «Mi aspetto dai repubblicani un'agenda molto precisa a cominciare dalla riforma dell'immigrazione». McConnell comunque lo ha già avvertito: un'azione unilaterale, cioè agire per decreto come il presidente ha annunciato di voler fare, sarebbe un «grave errore». Anche se «abbiamo l'obbligo di lavorare assieme su questioni sulle quali possiamo trovare un accordo».
Mai come adesso sarà difficile muoversi. Il partito repubblicano ha impostato la campagna proprio sul rifiuto di Barack Obama, trasformando il voto in un referendum contro un leader arrivato alle urne con una popolarità appena al 42 per cento. Il leader pagherebbe il malcontento degli americani su questioni economiche - nonostante i concreti accenni di ripresa - e sulla sua riforma sanitaria e il malumore per la gestione di dossier di politica internazionale, come l'intervento in Siria e Irak e l'emergenza ebola in Africa.
In una netta svolta rispetto all'insuccesso elettorale del 2012, i repubblicani hanno vinto anche in Stati controllati dai democratici: in Arkansas, Colorado, Montana, North Carolina, South Dakota, West Virginia e Iowa, dove il presidente Obama ottenne la prima grande vittoria per entrare alla Casa Bianca. La capacità dei repubblicani di prevalere in Stati in cui un successo non era scontato rafforza le speranze in vista delle presidenziali del 2016 di un partito senza un chiaro sfidante da presentare.
Tra le sconfitte più «imbarazzanti» - come l'ha definita l'emittente Abc - c'è quella del candidato governatore in Illinois, non solo roccaforte democratica ma soprattutto Stato ed ex seggio di Barack Obama, ma anche le democratiche Maryland e Massachusetts hanno votato repubblicano. Il partito democratico si ritrova così per la prima volta dal 2006 senza una maggioranza alle due Camere. I prossimi mesi serviranno a capire se si muoveranno verso la ricerca del compromesso o verso uno scontro.
Il Grand Old Party cercherà di focalizzare la discussione su temi come l'energia, i trattati di libero scambio come quello in cantiere con l'Europa, l'immigrazione. La sua ala più conservatrice, però, promette ostruzionismo su questioni come il tanto contestato Obamacare, la riforma della sanità varata dal presidente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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