Ora il grillino ammette: "Errore dei nostri governi non avere un piano B"

Luca Frusone, presidente della delegazione dell'Assemblea parlamentare alla NATO, rimpiange la mancata visione in politica estera degli ultimi anni. Sul filorusso Petrocelli: "Capisco chi chiede terzietà"

Ora il grillino ammette: "Errore dei nostri governi non avere un piano B"

Luca Frusone, parlamentare grillino alla seconda legislatura, presidente della Delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO e membro della commissione Difesa non si nasconde: i gialloverdi ed i giallorossi non hanno ragionato su un "piano B". E ora l'Italia è costretta a reinventarsi rispetto al piano energetico per via della guerra in Ucraina scatenata da Vladimir Putin. Sulla richiesta di dimissioni del senatore Vito Petrocelli, presidente filorusso della Affari Esteri del Senato, Frusone non si sbilancia troppo ma certifica l'esistenza di un problema: "Capisco che la situazione è particolare".

L'Italia che ruolo sta svolgendo in questa fase così complessa?

"Mi ha sorpreso l'unità d'intenti nell'Unione europea. L'Italia persegue la linea comune. Stiamo facendo valere le nostre ragioni: il Belpaese sta facendo i compiti a casa. Di Maio ed altri sono molto attenti a ponderare le eventuali conseguenze di alcune scelte. E quindi il viaggio in Algeria ed il discorso aperto con il Qatar. Occhio però: più si andrà avanti, più emergeranno divergenze di opinione. Anche perché ognuno avrà i suoi effetti: lo stiamo già vedendo con i prezzi delle bollette. Oguno di noi ha un mix energetico ed un sistema industriale diverso".

Lei, da rappresentante alla NATO, ha votato la risoluzione contro la Russia.

"Sì, l'ho ovviamente votata. Ho sostenuto la volontà di inviare aiuti umanitari ed aiuti militari. Abbiamo sostenuto le richieste degli ucraini: è stato un messaggio, al di là dell'effettiva necessità, di carattere politico che interessa l'unità dell'Unione europea. Credo che l'Italia, anche rispetto ai tavoli, non si sarebbe potuta sfilare da quella decisione. Avremmo perso peso politico e sarebbe stato un errore. Se l'Italia vuole contare a livello internazionale deve fare delle scelte".

Di Maio è stato bersagliato per le frasi su Putin.

"Ora dobbiamo evitare di esagerare. Non tanto nei confronti di Vladimir Putin, quanto nei confronti della Russia e dei russi. Ho apprezzato il passaggio di Draghi quando ha detto che quelle misure erano nei confronti di Putin. Gli stessi russi stanno soffrendo per la situazione. Non sappiamo cosa accadrà. Mettiamo l'ipotesi che Putin cada: non possiamo lasciare la Russia nelle mani di un nuovo Putin o della sua cerchia e la Russia, a quel punto, dovrebbe essere aiutata in una transizione difficile. Anche il messaggio che è arrivato dalla Bicocca: non è stato positivo. C'è bisogno di segnali distensivi".

Voi grillini avete cambiato impostazione in geopolitica?

"Nella scorsa legislatura sono emerse singole posizioni. Se guarda il programma elettorale del 2013, nota come la parte sulla politica estera non fosse molto estesa. Era tutto centrato sulla politica interna. Con il tempo abbiamo maturato una linea. In questo lasso di tempo, sono spuntate posizioni di riferimento del singolo e non di tutto il MoVimento. Non abbiamo cambiato idea: l'abbiamo maturata. Siamo atlantisti, però siamo rimasti fermi sulle nostre posizioni relative all'Afghanistan. Non abbiamo abdicato rispetto al diritto di critica. Se la NATO, in passato, ha fatto dei passi che riteniamo sbagliati è anche perché l'Italia non ha posto il veto. Quella è un'organizzazione, l'unica, che si basa sulla regola del consenso. Se si prende una decisione, la responsabilità dei Paesi. La NATO non è un'entità astratta".

Il sottosegretario Manlio Di Stefano ha cambiato idea.

"Ognuno ha le sue idee ma c'è un discorso di realismo politico. Anche qui: io penso che lui, da sottosegretario, abbia lavorato molto bene nell'ambito dell'export. Parlano i numeri. Di Stefano si occupa molto di Commercio. Come dicevo prima, c'è la questione delle scelte che in questo caso riguardano i partner commerciali. Bisogna dialogare anche con persone ideologicamente distanti dal pensiero personale rispetto alle partnership commerciali. Ci si ricorderà la frase di Draghi su Erdogan. Non viviamo in un mondo bello e colorato. E bisogna portare i risultati a casa".

Il MoVimento 5 Stelle non ha quindi cambiato visione geopolitica?

"Non credo che ci sia chi, nel MoVimento, voglia staccarsi dall'Ue e dal legame transatlantico ed entrare nella Repubblica popolare cinese. Non credo proprio. Però se avessimo avuto un'Unione europea davvero compiuta, avremmo avuto meno problemi ad affrontare la questione Ucraina. E l'Italia, nella mia visione, dovrebbe concentrarsi di più su quello che ha intorno, ad esempio sul Mar Mediterraneo. Dovremmo fare delle scelte anche in quel caso, pure in relazione ad un eventuale soft power. Questa guerra è la prova del fatto che le sfere d'influenze non sono mai tramontate. Comunque sia, più che parlare di blocchi, a noi converrebbe guardare in prossimità dei nostri confini. Ci saranno in caso attriti con la Francia? Si supereranno".

Il senatore Petrocelli dovrebbe dimettersi o no da presidente della Affari Esteri?

"Non glielo saprei dire. Capisco chi domanda terzietà. Dall'altra parte, se iniziamo a fare questo discorso, dovrebbero saltare anche altri presidenti legati più al loro partito che alla terzietà. Capisco però che la situazione in questo momento è particolare".

Rimpiangete la prossimità con Russia e Cina dei governi precedenti?

"Io l'ho sempre vista in funzione commerciale.

Il rimpianto è quello di non aver pensato che un giorno sarebbe servito un piano B. I partner possono non essere più partner. E quindi bisogna agire di conseguenza. E questo vale sia per il governo gialloverde sia per il governo giallorosso. Purtroppo non abbiamo mai fatto di questi piani".

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