Mario Draghi al capolinea. Nulla hanno potuto fare per lui i fedelissimi, pronti a difenderlo in tutte le sue decisioni, anche quelle più controverse. Il suo cerchio magico, un inner circle per lo più di ispirazione Pd, artefice dei cattivi consigli e che lo ha portato sull'orlo del baratro. I draghiani sono caduti. Cattivi consiglieri di un capo che pure li aveva scelti per il proprio ristretto entourage, e che già si sono messi in moto alla ricerca di una nuova sistemazione. In Forza Italia c'era Mariastella Gelmini che ieri ha lasciato il partito, nei 5 Stelle poteva contare all'inizio su Luigi Di Maio, che infatti si è scisso dal M5s per formare un altro partito. Nel Pd una piccola cerchia interna composta da Dario Franceschini, Andrea Orlando, Lorenzo Guerini e lo stesso Enrico Letta, sul quale i suoi consiglieri (sempre di area Pd) lo avevano indirizzato negli ultimi giorni.
Ma chi sono questi uomini e donne «ombra» del governo che sono sempre stati un passo dietro il presidente del Consiglio. Uomini che hanno messo in funzione le rotelle delle decisioni che contano. Più che consiglieri, la macchina operativa del governo, i «mandarini» di Draghi. Il suo cerchio magico targato Pd che ha portato il premier sull'orlo del burrone
Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, descritto come il più noto dei consiglieri di Stato, costretto a lasciare il ministero del Tesoro a fine 2018 per le pressioni dei 5 Stelle e del portavoce di Conte, Rocco Casalino che lo attaccò in alcuni whatsapp inviati a dei giornalisti.
Francesco Giavazzi, il consigliere più ascoltato di Draghi, l'unico che entra nel suo ufficio senza appuntamento e senza bussare. Economista navigato, ha costruito un'influenza superiore a quella di altri membri del gabinetto di Palazzo Chigi e ministri. Giavazzi ha guidato il cerchio magico degli uomini che hanno sussurrato a Draghi assieme a una stretta cerchia di amici e persone di fiducia, Paolo Scaroni, Franco Bernabè, Giuliano Amato, Gianni de Gennaro. Giavazzi ha contribuito a rimettere gli apparati al centro a scapito dei partiti e delle cordate, ha consolidato la squadra draghiana nelle istituzioni, senza però riuscirci.
Ago della bilancia a Palazzo Chigi, Antonio Funiciello, giornalista, scrittore e grande esperto di comunicazione, ha pubblicato il libro «Il metodo Macchiavelli. Il leader e i suoi consiglieri: come servire il potere e salvarsi l'anima». Uomo pienamente di sinistra. Nel 2016 Gentiloni lo scelse come capo del suo staff. Prima ancora, nel 2013, l'allora segretario del Pd Guglielmo Epifani gli conferì la delega per la cultura e la comunicazione del Pd. È stato anche il braccio destro di Luca Lotti quando questi era il «braccio sinistro» di Renzi.
Infine Roberto Chieppa, magistrato, segretario generale di Palazzo Chigi. Un fedelissimo di Giuseppe Conte, Chieppa ha continuato il suo mandato. Per capire quanto Chieppa è stato cruciale nello scorso governo basta leggere le lettere della trattativa con i Benetton su Autostrade dove la prima firma era la sua. Interessante.
Draghi si tenne in seno a Chigi anche Daria Perrotta, capo di gabinetto del sottosegretario Garofoli, già consigliere giuridico durante il Conte I. Alle Idi di marzo del 44 a.C. Giulio Cesare venne ucciso con ventitré coltellate a seguito di una congiura, durante una seduta del Senato. Se queste non sono le Idi di marzo, potrebbero essere le Idi di luglio.
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