Forse l'ambasciatore d'Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk, sarà rimasto attonito nel vedere le prime pagine dei giornali italiani pieni di articoli sulla presenza del suo presidente a Sanremo piuttosto che sotto le bombe in Donbass. E, invece, da noi accade pure questo: fa molto più clamore scannarsi politicamente sul Festival che sull'opportunità o meno di sostenere con le armi il paese invaso da Putin. Dunque, ecco che, dopo l'annuncio - fatto in diretta da Bruno Vespa a «Domenica In» - di uno spazio nell'ultima serata del Festival concesso al presidente ucraino, scoppia il bubbone, partono le telefonate tra i vertici Rai e l'ambasciata ucraina a Roma. Melnyk, unico referente della televisione italiana, chiede di incontrare nella capitale il direttore dell'intrattenimento Prime Time Coletta e il presentatore Amadeus, che però sono già nella città ligure. Dopo varie chiamate e varie proposte, si giunge alla soluzione di compromesso: evitare il «pericoloso» video messaggio per una più controllabile e tranquilla lettera. E, per salvare la faccia, i vertici Rai sostengono che non si era mai espressamente parlato di un videomessaggio, ma di una «modalità partecipativa» ancora da definire che - secondo le precisazioni di Coletta - sarebbe potuto essere in «video, in collegamento, escludendo invece la presenza fisica sul palco». Peccato, però, che Bruno Vespa - che ha fatto da tramite tra viale Mazzini e il leader ucraino quando è andato a intervistarlo a Kiev - aveva detto tutt'altra cosa nell'annuncio fatto nel salotto domenicale di Mara Venier: «Sapevo che Zelensky voleva venire a Sanremo in collegamento - ha detto espressamente - Dopo aver parlato con Amadeus, gli ho potuto dire: Caro presidente, la aspettiamo nella serata finale'». Insomma, l'idea iniziale era quella addirittura di un collegamento o di un video messaggio, poi per smorzare le polemiche si è passati al più semplice testo scritto che verrà letto da Amadeus sabato dopo che si saranno esibiti tutti i 28 cantanti in gara più i tanti e vari ospiti. Quindi a tarda notte, quando molta parte del pubblico sarà già assopita. E l'altra parte, annebbiata dal sonno, non si renderà ben conto se sta ascoltando qualche brano contro la guerra o un presidente in guerra.
Tra l'altro è singolare pure la modalità con cui è stato comunicato l'evento. Vespa lo ha detto mentre scorrevano i titoli di coda di «Domenica In» il 15 gennaio senza avvisare né i vertici di viale Mazzini né Amadeus che lo avrebbe fatto in collegamento in diretta da Kiev con Mara Venier. E il presentatore, nella stessa giornata, poche ore prima, aveva fatto uno dei suoi annunci al Tg1 delle 13 (dove aveva presentato le due co-conduttrici Chiara Francini e Paola Egonu) senza fare alcuna menzione della notizia più importante e clamorosa che in breve ha scatenato una montagna di polemiche.
Accadano pure queste cose in una Rai, dove una mano non sa cosa fa l'altra oppure lo sa fin troppo bene. Tanto - come sostiene Amadeus - le polemiche si «sgonfiano» appena parte la prima nota del festival. Che siano stonate o meno, non fa nulla.
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