Ma ora, spiega Giorgia prima della foto di rito sullo scalone, tutti accalcati attorno alla triade Meloni-Salvini-Tajani, «dobbiamo stringere un patto». Ora, perché qui non c'è più tempo da perdere e serve subito un accordo «di responsabilità», come ha chiesto Sergio Mattarella, accantonando le divergenze e mettendo la testa sui dossier. «Questa avventura sarà lunga, speriamo, sarà difficile sicuro, e sarà entusiasmante solo quando daremo risposte ai cittadini. La vita, il benessere e la serenità di decine di milioni di italiani dipendono da quanto riusciremo a combinare». I 31 sottosegretari e gli otto viceministri firmano, giurano e promettono impegno e gioco di squadra. E presenze in aula, si augura la premier, che a Palazzo Madama potrebbe avere problemi di numeri, soprattutto se le residue «incomprensioni» non verranno superate. Sono venti infatti i senatori tra ministri e sottosegretari e visto che spesso chi ha incarichi di governo è costretto a disertare le sedute parlamentari, ecco che la quota di 116 voti su 300 potrebbe non bastare. La maggioranza viaggia sul filo.
Intanto si parte. Con Bruno Vespa, intervistata per il libro La grande tempesta, la Meloni è stata chiara: non mi sono inchiodata alla poltrona. Governerà se ci saranno le condizioni. «Il mio vantaggio rispetto ad altri e che non lavorerò per restare. Non sto qui a sopravvivere guardando i sondaggi». E perché lei dovrebbe riuscire dove i presidenti del Consiglio maschi degli ultimi ottant'anni hanno fallito «Se non hai niente da perdere - risponde - puoi tirare di più la corda. Se vivi nel terrore di non essere rieletta, sei destinata a non realizzare nulla». Molte le cose da fare. Tra le prime la crisi energetica. «I pochi soldi in cassa serviranno a coprire il taglio delle bollette». Mettere insieme la compagine non è stata una passeggiata, molti i musi lunghi e i rancori nei partiti. Ma per guidare un Paese e battere i pugni a Bruxelles occorre una maggioranza pacificata, come ripete ai sottosegretari durante la cerimonia a Palazzo Chigi: «Il compito affidato sarà difficile è pieno di ostacoli, però sono certa che sarete pronti a svolgerlo con serietà e dedizione per il futuro dell'Italia». Flash, strette di mano, sorrisi, battute. Là premier li ferma subito. «La parte divertente del lavoro finisce qua. Da questo momento non rappresentate più voi stessi o il vostro partito, ma la nazione. E se siete qui è perché si è ritenuto che ne foste all'altezza».
Adesso l'esecutivo è al completo. Al termine della trattativa, Fratelli d'Italia hanno ottenuto 18 posti, contro gli 11 della Lega e gli 8 di Forza Italia. Solo due per Noi Moderati di Maurizio Lupi, che riporta al governo Vittorio Sgarbi alla Cultura.
«Sono quello più a sinistra - dice - ma la mia missione sarà la conservazione. Bisogna creare un dipartimento ad hoc per la musica». Infatti porterà come assistente il cantante Morgan. «È un uomo libero e di grande intelligenza, che non si nasconde dietro gli slogan retorici».
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