Pausa caffé in orario di lavoro Assolti "perché così fan tutti"

Due dipendenti pubblici erano stati sospesi per essersi allontanati dal posto senza timbrare: azienda condannata al reintegro e al rimborso degli stipendi

Pausa caffé in orario di lavoro Assolti "perché così fan tutti"

Se così fan tutti e la pausa caffè è un rito condiviso con i colleghi, non è sanzionabile il dipendente che, nelle ore di lavoro, si allontana dal proprio ufficio senza timbrare il badge , per bere un espresso e fare due chiacchiere. A stabilirlo è la sentenza del giudice del lavoro del tribunale di Verona, che ha assolto due dipendenti dell'Ulss 20 ed ha imposto all'azienda sanitaria il loro reintegro, con tanto di rimborso per lo stipendio trattenuto nei giorni di sospensione.

Il fatto risale al maggio del 2012 e a far scoppiare il caso era stato il Tg satirico Striscia la notizia che aveva pizzicato due colleghe mentre, in pieno orario d lavoro, chiacchieravano del più e del meno, sorseggiando tranquillamente il caffè al bar. Una pausa che costò cara alle amanti dell'espresso, raggiunte da provvedimento disciplinare che prevedeva la sospensione sia dal servizio che della retribuzione per 13 e 14 giorni.

In questi giorni è arrivata la sentenza del tribunale, al quale le dipendenti dell'Ulss veronese, avevano immediatamente fatto ricorso. Il giudice - con la sentenza 310/2014 del Tribunale - sezione Lavoro di Verona - ha stabilito che il provvedimento di sospensione attuato dall'azienda sanitaria, non è congruo, condannandola a rimborsare «le somme trattenute a titolo di retribuzione per i periodi di sospensione, oltre alla formale epurazione di ogni riferimento alle sanzioni dal fascicolo personale». Il giudice del lavoro ha ritenuto non valida la motivazione dell'azienda sanitaria, che lamentava un «danno derivato dall'allontanamento» che non era solo economico, ma anche d'immagine, dato che il servizio di Striscia , mandato in onda su Canale 5 ad aprile di due anni fa, «era stato ripreso e diffuso con grande eco dai mezzi di informazione locale».

Nella delibera con la quale il direttore generale dell'Ulss 20, Maria Giuseppina Bonavina, ha preso atto della sentenza, si legge che il giudice ha ritenuto «che il danno economico derivante dal comportamento contestato alle dipendenti era stato secondario e esiguo», rilevando che la sanzione disciplinare avrebbe dovuto essere presa «nel rispetto del criterio di gradualità», perché a ben vedere la pausa per bere un espresso al bar «non comportava prassi aziendale». Inoltre «anche altri dipendenti fruivano della pausa caffè con le stesse modalità». Perché si sa che il caffè va preso in compagnia e l'insieme di questi elementi, per il giudice, riducono «la percezione dell'entità di disvalore»: in fin dei conti si trattava di un'uscita al giorno. Pur ritenendo «non del tutto condivisibili le argomentazioni del giudice», l'ufficio legale ha consigliato al direttore Bonavina di provvedere al rimborso di oltre 3mila euro per lo stipendio mancato nei giorni di sospensione delle due dipendenti. Sul fronte penale, invece, si attende la decisione del gip in merito alla richiesta di archiviazione per il fascicolo aperto contro i dipendenti con l'ipotesi accusatoria di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico.

Una sentenza, quella del Tribunale del lavoro veronese, che delude chi sperava in una presa di posizione verso medici e impiegati dal distretto di via Poloni e dalla sede dell'Ulss 20 in via Valverde, pizzicati da Striscia al bar nell'orario di lavoro.

Per chi sperava in una sentenza esemplare, è rimasto solo il gusto del caffè, amaro, ma la sentenza di Verona non deve stupire, perché ha un precedente a Bologna, dove il gup ha prosciolto una ventina di assenteisti dell'agenzia delle entrate che, durante il lavoro, andavano in palestra. Per il giudice erano innocenti dal momento che col loro comportamento avrebbero arrecato un danno di poche decine di euro. «E sotto gli 80 euro - si legge nella sentenza - il reato di danno non si configura».

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