Milano. La sinistra ha un candidato. I riformisti sono delusi, i 5 Stelle si mostrano incerti e Letizia Moratti ha dovuto arrendersi, ma ora il dado è tratto. Nella corsa alle Regionali lombarde (probabilmente a febbraio) il Pd alla fine ha scelto di schierare l'eurodeputato Pierfrancesco Majorino, ponendo fine a un balletto di passi avanti, giravolte e ritiri che stava diventando imbarazzante. Moratti, intanto, non ce l'ha fatta. Ci ha provato fino all'ultimo, in tutti i modi, a conquistare il sostegno degli ex «nemici», ma anche lei dovrà prendere atto della realtà e accontentarsi del Tp. La caccia grossa è fallita: il Pd ha resistito al corteggiamento - o forse all'assedio - dell'ex sindaca e ha messo in pista la sua candidatura di bandiera. Sarà Majorino a sfidare il governatore uscente Attilio Fontana. Ex assessore con Giuliano Pisapia e poi con Sala, candidato non particolarmente votato alle primarie del 2016 (arrivò terzo) Majorino ha iniziato a far politica ai tempi dei Ds e conserva un impostazione marcatamente di sinistra. Ha colpevolizzato la Regione per il Covid (e per l'ospedale in Fiera) ma non sembra in grado di impensierire Fontana, sa di nomenclatura vetero-Pci ma ha a cuore i temi dell'immigrazione, può piacere alla sinistra-sinistra e avere la speranza di convincere i grillini, che non si sa ancora bene cosa vogliono. Si sa invece cosa vuole «+ Europa»: lo sosterrà solo se non ci saranno i 5s. Nel Pd si vedono i musi lunghi di chi voleva le primarie.
Quartapelle scrive che è stata «frustrata» la possibilità di discutere e anche l'altro Pier candidato, il più giovane Maran, ritirandosi si lamenta («vietano di giocare la partita») ma promette sostegno al «candidato nominato» (lo chiama così). Majorino ieri è partito, con una speranza ragionevole: tenere unito il partito e non arrivare terzo.
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