Il Pd implode sulla consultazione: ogni capocorrente un voto diverso

Dopo il "No" annunciato da Veltroni, ecco il "Sì" dell'ex ministro Minniti. È una faida tra i padri fondatori e le nuove leve dem

Il Pd implode sulla consultazione: ogni capocorrente un voto diverso

Il referendum sul taglio dei parlamentari fa implodere il Pd. Il voto sulla riforma grillina si trasforma in un congresso anticipato. I capibastone si scontrano e si posizionano su fronti opposti per affondare l'avversario.

È una resa dei conti tra padri fondatori e nuove leve. Che fa passare in secondo piano il merito della riforma che se approvata dal voto popolare produrrà un taglio dei parlamentari da 945 a 600. Il segretario del Partito Nicola Zingaretti ha condotto i dem nel fronte del Sì. Una posizione che ha raccolto un plebiscito in direzione nazionale: una compattezza mascherata dal sistema di voto che prevede la regola del silenzio assenso. Zingaretti, con la mossa del via libera al Sì, punta a salvare la poltrona. Una vittoria del No avrebbe un effetto a cascata mettendo in dubbio la tenuta dell'esecutivo Conte. E di conseguenza della leadership di Zingaretti.

Ieri è arrivato l'annuncio del voto in favore del No dell'ex segretario del Pd Walter Veltroni. Il no dell'ex sindaco di Roma - spifferano dal Nazareno sa di vendetta contro le mosse del premier Conte e della maggioranza giallorossa sul Mattarella bis. Veltroni, che un anno fa ha benedetto la nascita del Conte bis, punterebbe al Colle. Con la benedizione speciale di Goffredo Bettini, l'uomo che ha costruito la maggioranza Pd-Cinque stelle. Al Quirinale punta un altro padre nobile del Pd: Romano Prodi. L'ex presidente del Consiglio si è schierato per il No. Anche in questo caso ambizioni personali e desideri di rivalsa contro i compagni di partito prevalgono sul contenuto della riforma. Due ex presidenti del Consiglio, Enrico Letta e Paolo Gentiloni, sono per il Sì. Con la linea di Zingaretti sono schierati un po' di capicorrente del Pd che sperano in un posto di ministro nel governo Conte. È il caso dell'ex titolare del Viminale Marco Minniti che esce allo scoperto e scende in campo con il fronte grillino per il Sì al taglio dei parlamentari. In cerca di una poltrona anche l'ex segretario Maurizio Martina, impegnato per il Sì. Ma il fronte del No si muove. E punta a ribaltare sondaggi e leadership del Pd. Con il no si è schierato l'ex ministro Giuseppe Fioroni, consulente e persona fidata dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Tra i ribelli rispetto alla linea di Zingaretti c'è da segnalare il voto per il No del sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Anche il primo cittadino coltiva ambizioni da leader. La vittoria del No potrebbe essere l'occasione per chiedere un congresso e la testa di Zingaretti. Ieri ha sciolto la riserva per il Sì il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Tra gli aspiranti segretari dem, schierati per il Si, c'è invece Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna. Al Sud, Vincenzo De Luca, vulcanico presidente della Regione Campania, è per il No.

E c'è chi ipotizza che lo sceriffo, con la rottura sul referendum, stia preparando il terreno per la scalata alla segreteria del Pd. La componente di area dem, vicina al ministro della Cultura Dario Franceshini, è sulle posizioni del segretario. Però è praticamente ferma. Non fa campagna elettorale per il Sì.

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