La sinistra italiana ha trovato una nuova icona. Marco Vizzardelli, l'uomo che ha gridato «viva l'Italia antifascista» alla Prima della Scala a Milano, ha assunto il ruolo di maitre a penser e, nel giro di poche ore, è stato intervistato da numerosi quotidiani ed è stato ospite di trasmissioni televisive. Un'attenzione mediatica che è coincisa con il corteggiamento della sinistra politica come rivelato da Vizzardelli in un'intervista al Corriere della Sera: «Sono già stato cercato dal Pd». Vizzardelli ha poi precisato: «Sono sorpreso ma comunque non sono strumentalizzabile né da chi mi dà dell'ultimo giapponese di sinistra né dal Pd che mi tira per la giacchetta».
Al di là dello smacco al Pd di aver respinto al mittente le lusinghe politiche, in realtà non stupisce più di tanto l'interesse di un partito alla disperata ricerca di un'identità che riesce ormai a trovare solo nei temi identitari come la battaglia per l'antifascismo in assenza di fascismo. In tal senso è significativa la campagna social del Pd «Viva l'Italia antifascista» con hashtag «identificateci tutti» e il testo «Continueremo a gridarlo ovunque. Anche se non piace a Salvini. E adesso identificateci tutti».
Al centro della polemica è finita anche l'ospitata di Vizzardelli a Otto e Mezzo. Il sindacato della polizia Siulp se l'è presa con Lilli Gruber che ha definito «polizia politica» l'operato della Digos di Milano per l'identificazione di Vizzardelli alla Scala. Secondo il segretario generale del sindacato Felice Romano si tratta di una «definizione preoccupante se fatta in modo superficiale. Se voluta, parole invece pericolose ed offensive».
Nonostante le rassicurazioni di non voler essere strumentalizzato, non stupirebbe nei prossimi mesi vedere una discesa in campo di Vizzardelli al grido di «viva l'Italia antifascista». D'altronde alla sinistra italiana non resta che questo.
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