Pifferi, le chat dell'orrore. "Abusi sessuali su Diana"

Altra inchiesta. Messaggi della madre a un 56enne che chiede: "Posso baciarla?". Lei replica: "Lo farai"

Pifferi, le chat dell'orrore. "Abusi sessuali su Diana"

Non ha solo lasciato morire di stenti la sua bambina mentre lei se ne stava tranquilla dal fidanzato, Alessia Pifferi avrebbe anche usato della figlia per organizzare prestazioni sessuali dietro compenso. La nuova accusa contro la donna arrestata a Milano a fine luglio per omicidio volontario aggravato dopo aver lasciato da sola sei giorni la piccola Diana di 18 mesi in una casa del quartiere popolare di Ponte Lambro, è stata formulata dai magistrati dopo aver analizzato le chat del cellulare della 37enne. È stato, in particolare, uno scambio con un uomo bergamasco di 56 anni a mettere in allarme gli inquirenti milanesi. «Posso baciarla», scrive lui. «Lo farai», replica lei. Parole che lasciano poco spazio all'immaginazione, anche se saranno necessari ulteriori riscontri. Per questo i pm hanno fatto scattare una perquisizione a casa dell'uomo con cui la Pifferi intratteneva una delle sue molteplici frequentazioni. Tutti e due adesso sono indagati per corruzione di minorenne. Durante la perquisizione sono stati sequestrati tre dispositivi elettronici, che adesso vengono passati al setaccio dagli investigatori alla ricerca di eventuali prove. Dall'analisi del cellulare e dei due pc i magistrati vogliono capire se la piccola possa essere stata vittima di atti sessuali durante gli incontri della madre con il 56enne. Nelle chat whatsapp sarebbero stati trovati altri messaggi che dimostrano come la donna fosse solita organizzare prestazioni sessuali dietro compenso con alcuni uomini.

Il nuovo scenario va ad aggravare ulteriormente la posizione della Pifferi, che si trova nel carcere di San Vittore. La donna avrebbe somministrato alla figlia delle benzodiazepine compatibili con quelle del flaconcino di En trovato vicino alla culla. Tracce del principio attivo dello psicofarmaco ansiolitico sono state riscontrate durante l'autopsia nel sangue e nei capelli di Diana. L'ipotesi è che sia stata sedata prima di essere abbandonata nel lettino senza acqua e senza cibo. La Pifferi finora ha sempre negato di aver fatto assumere alla figlia dei tranquillanti, ma solo delle gocce di paracetamolo. Anche se la Procura ha ritenuto di contestare alla donna la premeditazione. È stato intanto disposto un incidente probatorio sul biberon, sulla bottiglietta d'acqua e la boccetta di En trovati nell'appartamento per chiarire quali sostanze sono state somministrate alla bambina. I vicini di casa hanno comunque raccontato agli inquirenti di non averla mai sentita piangere. Un dettaglio non secondario, che fa pensare ad una sedazione.

Durante l'interrogatorio la donna ha spiegato cosa l'avesse spinta a comportarsi così, seppure nella consapevolezza dei rischi che avrebbe comportato l'abbandonare la figlia da sola tutti quei giorni: «Ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui (il compagno, non è il padre della bimba, ndr) e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire. È per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui, anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire».

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