Nei diversi gradi di giudizio gli imputati della Rimborsopoli piemontese si sono trovati di fronte, a sostenere l'accusa, sempre lo stesso magistrato, Giancarlo Avenati Bassi, prima come pm poi come sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello, a Torino. Un pm molto noto, scrive La Stampa di Torino, «per aver condotto l'accusa in processi di grande risonanza mediatica come la Rimborsopoli piemontese, che ha portato alla condanna di numerosi politici, così come di quella aostana, in cui era riuscito a ottenere 15 condanne». La convinzione degli ex consiglieri (di Lega, Fdi, Forza Italia) condannati nell'appello bis è di aver ricevuto un trattamento peggiore rispetto ai colleghi di diverso colore politico (quelli di sinistra), imputati per spese analoghe, a volte anche superiori per importo e spesso difficili da giustificare come attività politica. Eppure archiviati o assolti. Lo stesso turbamento lo covava anche Burzi, morto suicida con un colpo di rivoltella la notte di Natale. «Era profondamente convinto dell'ingiustizia subita - si sfoga la vedova - e poi lo feriva anche il diverso trattamento: alcuni imputati erano stati trattati in un modo, altri in modo diverso. Le sentenze non erano simili, cambiavano a seconda dei tribunali. Ma come è possibile che ci sia questa disparità? Che giustizia è?». Anche Roberto Cota, l'ex governatore, anche lui assolto in primo grado e poi condannato dopo un tormentato iter giudiziario, non si dà pace. «Alcune richieste di archiviazione della sinistra si riferiscono a spese che per quantità e qualità sono del tutto simili a quelle imputate a me e ad altri consiglieri (poi condannati, ndr). Ci sono le stesse spese, a volte proprio identiche), che per alcuni vanno bene e per altri no. Inoltre, la procura non ha impugnato le assoluzioni perlopiù di esponenti della sinistra, mentre ha impugnato la mia assoluzione e quella degli altri consiglieri», continua Cota, che chiude con una domanda inquietante: «Forse questa diversità nella valutazione di casi analoghi apre qualche quesito sulle possibili strumentalizzazioni delle norme, che soprattutto palando di diritto penale dovrebbero invece rispondere ai principi della determinatezza e tassatività?». Nelle varie udienze gli imputati si sono segnati alcuni episodi, tra tutti una frase detta nella requisitoria dal procuratore Avenati Bassi. Arrivando a trattare delle spese del gruppo Pdl il magistrato dice: «Abbiamo visto che quelli di Alleanza Nazionale volevano l'abbigliamento, forse avevano troppe camicie nere nell'armadio e dovevano prendere le bianche». Una battuta, certo, forse però non opportuna in quella sede, ritengono i leghisti. I quali fanno notare anche che Avenati Bassi fu indicato proprio dal Pd come consulente esterno della Commissione parlamentare sulle banche.
Si trattò di un incarico puramente tecnico in quanto il pm è considerato un grande esperto di crimini finanziari. Un indizio, invece, secondo gli ambienti di centrodestra finiti nell'inchiesta, di una presunta non imparzialità della toga.
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