Se non fosse tragico, il silenzio di Enrico Letta sarebbe ridicolo. Ma nel caso di Saman Abbas, la ragazza pakistana, quasi certamente trucidata dallo zio islamista per aver rifiutato il matrimonio combinato impostole dalla famiglia, non c'è spazio per il sorriso. Neanche per quello più amaro. Proprio per questo il mutismo del segretario del Pd suscita sgomento. Dietro quel silenzio si nasconde l'imbarazzo politico di chi sventola la bandiera dello ius soli, ma è consapevole di non aver mai speso mezza parola per salvare le vite di ragazze come Saman. Con delitti del genere l'Italia fa i conti dai tempi di Hina Saleem, ammazzata dal padre islamista e sepolta nel giardino di casa nel lontano 2006. Tre anni dopo nel settembre 2009 è la volta della marocchina Sanaa Dafani, sgozzata da un genitore che ne ritiene intollerabile la convivenza con il fidanzato. E tre anni fa riecco la tragedia di Sana Cheema, uccisa e fatta sparire dopo esser stata riportata in Pakistan. Il caso di Saman non fa eccezione. Come spiega il gip di Modena Luca Ramponi anche la sua eliminazione viene decisa tra le altre cose «per punirla dell'allontanamento dai precetti dell'Islam». E lo zio accetta di diventarne il boia «in ragione delle proprie intime convinzioni etiche e religiose». Questa sequela di orrori avrebbe dovuto far capire ad un segretario dem, sempre assai attento a mostrarsi solidale con migranti e minoranze, che all'interno delle comunità islamiche c'è un problema molto più serio del codice civile italiano. Un problema in virtù del quale le ragazze islamiche rischiano di arrivare ai 18 anni non senza cittadinanza, ma senza vita. Quel problema le costringe, per sopravvivere, a rinunciare alle libertà fondamentali garantite in ogni angolo della tanto deprecata Italia a ogni altra loro coetanea. Quel problema si chiama «sharia», ovvero legge del Corano. Una legge che il 30 per cento e passa degli appartenenti alle comunità islamiche, come spiegano statistiche e sondaggi, considera molto più vincolante delle leggi dello Stato. Ma la sinistra dem, con Letta in testa, non può ammetterlo. Da sempre, infatti, marcia unita e compatta con buonisti e umanitari pronti ad accusare di islamofobia e razzismo chiunque a destra, al centro o all'interno della stessa sinistra (vedi il caso Maryan Ismail a Milano) faccia luce sulle devianze oscurantiste presenti nelle comunità musulmane. Ma nel caso di Saman dovremmo anche chiederci quanto la cappa ideologica di un buonismo dem capace di mettere alla gogna chiunque denunci il fanatismo islamista non abbia ritardato l'azione di una magistratura a cui sarebbe bastato autorizzare un'intercettazione per capire che il caso, già conosciuto, di Novellara si avvicinava a un tragico epilogo.
Ma, si sa, un'intercettazione si firma a cuor leggero se si spera di andare in prima pagina. Molto meno se si temono le accuse di razzismo e islamofobia con conseguente l'emarginazione dal mondo «politicamente corretto».
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