«Mi chiamo Mib e a 44 anni vorrei essere aiutato a morire a casa mia». È l'appello che Massimiliano, toscano malato di sclerosi multipla, ha lancia attraverso l'Associazione Luca Coscioni, alla quale si è rivolto perché vorrebbe porre fine alle sue sofferenza in Italia, senza dover andare all'estero, come ha invece dovuto fare pochi giorni fa il signor Romano, accompagnato da Marco Cappato in Svizzera. Ma anche in questo caso la legge qui non consente l'eutanasia. «Poiché Massimiliano non è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale - spiega l'associazione - non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo». Eppure il 44enne non ce la fa più. «Da 6 anni soffro di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato - racconta -. Non sono più autonomo in niente. La malattia progredisce e peggiora giorno dopo giorno. Riesco ancora a muovere il braccio destro, ma mi sta abbandonando pure lui. Mi sento intrappolato in un corpo che non funziona più. Se non avessi paura del dolore avrei già provato a togliermi la vita più di un anno fa».
Mib sta pensando di andare altrove per morire. «Tutte le persone che mi vogliono bene rispettano questa scelta - spiega ancora -. I miei amici, le mie sorelle, mio padre. Io non credo più in questo Stato».
«Dopo l'accompagnamento di Romano e la mia autodenuncia - afferma Cappato - i capi dei partiti e i rappresentanti del Governo hanno scelto la strada del silenzio assoluto, forse nella speranza che noi prima o poi ci fermeremo. Noi andiamo avanti».
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