Premier prudente sui dazi. "Andrò alla Casa Bianca"

Meloni applaude von der Leyen: "Giusto rinviare di qualche giorno le contromisure europee. Mi preoccupa una risposta automatica"

Premier prudente sui dazi. "Andrò alla Casa Bianca"
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«Sono giorni decisivi per l'Europa», dice Ursula von der Leyen, aprendo a Bruxelles la riunione del Consiglio europeo.

Sul tavolo, in primo piano, il sostegno all'Ucraina e il piano di difesa RearmUe, che ha già avuto una prima luce verde al recentissimo Consiglio straordinario. E di questo discutono a quattr'occhi la premier italiana Giorgia Meloni e la presidente della Commissione Ue, in un incontro che precede il summit: nessun dubbio dal governo di Roma sulla necessità del piano di rafforzamento della difesa comune. Ma occorre «trovare strumenti davvero comuni, che non pesino direttamente tutti sul bilancio dei singoli Stati», e quindi sul loro debito, dice Meloni. Che per questo insiste, anche nel bilaterale di ieri, su modelli «analoghi a quello di InvestEu», che prevedano la partecipazione di investitori e capitali privati, con garanzia europea ma senza incidere direttamente sul debito nazionale. E la presidente del Consiglio incassa un diretto riferimento, nella dichiarazione finale approvata dai capi di governo Ue, a questa proposta. «Un risultato di grande importanza», rivendica.

«La verità - dicono dall'entourage meloniano europeo - è che nel piano ci può essere una grande opportunità per l'Italia: la spesa militare va aumentata comunque, per gli accordi Nato, ma già solo escluderlo dal computo per il Patto di Stabilità è un gran risultato». Le risorse previste dal RearmEu, dice Meloni, «sembrano molte ma per il momento sono virtuali». In ogni caso «non chiudiamo ai prestiti, ma è una scelta da valutare quando ci saranno i dettagli».

Quanto ai dazi di Trump, la premier italiana apprezza il «lucido rinvio» della risposta da parte Ue: «Serve prudenza, bisogna valutare bene le conseguenze». Reagire con contro-dazi europei potrebbe peggiorare la situazione: la stessa presidente Bce Lagarde, racconta Meloni, «parla di una contrazione del Pil dello 0,3 con i dazi, che andrebbe allo 0,5 se rispondessimo»

Quanto alle divisioni nella maggioranza su questo tema, emerse anche nel dibattito parlamentare, ieri il leghista Matteo Salvini ha assicurato «totale fiducia in Meloni». Mentre per Antonio Tajani «siamo europeisti e se questo governo fosse contro la Ue io non farei parte di questo progetto». Da Fdi (i cui europarlamentari ieri erano a Subiaco per «celebrare San Benedetto, patrono di una idea di Europa unita che viene ben prima di Ventotene», come dice il co-presidente Ecr Nicola Procaccini) si sottolinea che «chi, come Salvini, dice che staremmo finanziando l'esercito tedesco con soldi italiani non ha capito: è esattamente il contrario».

I capi di governo guardano con diffidenza alle discussioni bilaterali tra Trump e Putin: «Non sono veri negoziati di pace». E si tengono pronti a «aumentare le pressioni» contro Mosca, mentre ribadiscono ad una voce (con la solita eccezione del filorusso Orban) il «pieno e incrollabile sostegno» anche militare a Kiev.

Il leader ucraino Zelensky è ancora una volta protagonista a Bruxelles, e in un collegamento col plenum esorta: «Vi prego di non allentare la pressione sulla Russia: le sanzioni devono restare in vigore finché non inizierà a ritirarsi dal nostro paese. È necessario che il vostro sostegno non diminuisca, anzi continui e cresca». Meloni conferma: «pieno sostegno», senza sottovalutare anche «gli sforzi Usa, che ributtano la palla nel campo russo». E ribadisce: «Serve una pace giusta e duratura, con garanzie di sicurezza per l'Ucraina.

Per questo ho insistito sulla proposta di estendere la protezione dell'articolo 5 del trattato Nato all'Ucraina, anche senza il suo ingresso immediato nell'Alleanza: sarebbe lo strumento più efficace per svelare il bluff di Putin».

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