Roma. Divergenze? Scontri, addirittura? Venti di crisi? Mario Draghi fa una smorfia, allarga le mani, gli scappa quasi da ridere, poi, placido: «Il governo va avanti, non vedo disastri all'orizzonte». Il programma è impegnativo e non si può stare appresso a ogni distinguo o sussulto identitario: ci sono riforme da completare, il Recovery da accompagnare, il Covid da tenere a bada. E quindi, sì, «vedo una coalizione con le sue differenze, però i partiti fanno un mestiere diverso», che è quello di cercare consenso e non di salvare il Paese. Il green pass, ad esempio, oggetto dell'ultima rissa dopo il no della Lega in commissione, non è mai stato in discussione. E il chiarimento che vuole Enrico Letta «deve avvenire tra le forze politiche, perché nell'esecutivo andiamo tutti d'accordo. Metteremo in piedi una cabina di regia, come chiede Matteo Salvini, però la direzione è quella». La questione cioè «non è se» estendere il green pass, «ma in quali settori e quanto in fretta». E i vaccini: si arriverà, Aifa ed Ema permettendo, all'obbligo e alla terza dose? «La risposta è sì a entrambe le domande». Quanto alla Lamorgese, non si tocca «sta lavorando bene».
Dopo più di un mese Draghi torna alla formula della conferenza stampa per lanciare alcuni messaggi forti. Il primo è per gli italiani e riguarda l'attività del governo ad agosto. «Andiamo bene, quest'estate non abbiamo mica passeggiato», dice, tra Pnrr e Covid c'è stato parecchio da fare. La campagna «procede spedita, siamo al 70% di vaccinati e sono fiducioso che entro la fine di settembre raggiungeremo l'80%». E invita i cittadini che non l'hanno fatto a immunizzarsi, «un gesto di tutela verso se stessi, di solidarietà verso gli altri e di protezione verso la famiglia». E pure gli immigrati verranno vaccinati tutti. I no-vax hanno fatto flop, ma anche qualche «atto di violenza particolarmente odiosa e vigliacca verso chi fa informazione».
Manca poco alla terza dose: in attesa del via delle autorità sanitarie, «si comincerà a settembre con chi ha risposte immunitarie più fragili». Intanto gli insegnati vaccinati sono il 91,5%. E proprio sulla scuola il ministro Bianchi azzarda che «se in classe sono tutti vaccinati si può togliere la mascherina». «L'adesione massiccia dei giovani e la copertura nazionale ci permettono di affrontare con una certa tranquillità l'apertura delle scuole. Le lezioni in presenza sono una priorità», dice Draghi. E va discretamente, sostiene, pure sul fronte dei trasporti. «Ci saranno sempre foto con i bus pieni, ma in generale la preparazione del green pass e stata ben fatta».
Il secondo messaggio è rivolto ai partiti riottosi che lo sorreggono: capisco le esigenze di visibilità e la vicinanza delle elezioni amministrative, spiega, tuttavia le vostre baruffe non devono entrare a Palazzo Chigi. E così sfugge alla trappola delle varie correnti del Carroccio, i governisti e i sovranisti. «Io cerco di non fare distinzioni nelle forze politiche perché ognuna ha quattro o cinque anime, faticoso sentite tutte. La Lega ha un capo che è Salvini e basta». Non si può correre dietro a Borghi. Certo, anche il premier si rende conto che le tensioni nella maggioranza alla lunga possono essere pericolose. «Il chiarimento fa parte del lavoro dei partiti e non del governo, che risponde al Parlamento. Comunque una maggiore convergenza e disciplina è auspicabile». Ma, ripete, «andiamo bene».
Chi deve chiarirsi sono Salvini e Lamorgese. Draghi li vuole mettere faccia a faccia. «Sarebbe un confronto interessante. I numeri degli sbarchi non sono spaventosi, abbiamo avuto periodi peggiori. Il leader della Lega potrà dire se ciò che non va è raffrontabile a quattro o cinque anni fa». E non scivola nemmeno sulla successione a Mattarella. «Trovo un po' offensivo pensare al Quirinale come altra possibilità, soprattutto nei confronti del presidente della Repubblica». Del resto Draghi si sente saldo a Palazzo Chigi e non sembra avere alcuna intenzione di traslocare sul Colle. «Non vedo la fine e non mi preoccupo per me stesso di sicuro».
C'è infatti un lavoro da finire. «Come sapete l'economia continua a crescere molto di più delle aspettative, basta vedere le cifre previste dal Mef a marzo, e questo ci incoraggia. Pure il mercato del lavoro va bene. Tuttavia non ci deve compiacere troppo, eravamo precipitati e questo è in parte un rimbalzo. La vera sfida sarà mantenere un tasso di crescita più elevato di quanto fosse prima della pandemia». Sarà un autunno a gran velocità. «L'agenda è fitta, verranno presentate le riforme del fisco e della concorrenza.
E affronteremo le politiche attive del lavoro, dobbiamo avere una visione industriale che permetta di addestrare e riallocare». Poi toccherà ad altri temi roventi, come pensioni, quota cento, reddito di cittadinanza. Nuove divergenze?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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