Il premier in tilt sulla scuola. Il Pd sbarra subito la strada

L'idea di Giuseppi: riaprire le classi prima del Natale. L'alleato Orlando (dem) inorridito: la solita menata

Il premier in tilt sulla scuola. Il Pd sbarra subito la strada

A sbirciare nella mazzetta personale dei giornali di Giuseppe Conte, cioè i quotidiani che servono sul tavolo della colazione al premier insieme al cappuccino, ti accorgi che sono quelli che per tradizione, per linea editoriale o per la fase d'emergenza, hanno, a parte qualche puntura di spillo, una linea di riguardo verso il governo: dal Corriere alla Repubblica, dal Sole 24 Ore a La Stampa, dal Messaggero al Foglio, per finire all'house-organ di Palazzo Chigi, il Fatto, il cui direttore suole - come Robert Redford nel celebre film «l'uomo che sussurrava ai cavalli» - sussurrare agli asini a 5stelle. Dalla mazzetta sono esclusi scientificamente tutti i fogli che fanno opposizione al governo, che sia in modo sguaiato, gridato o pragmatico poco importa. Inutile dire che l'elenco dei giornali da comprare è stato stilato dal badante del premier, «Roccobello» Casalino (l'appellativo affettuoso che gli riserva Conte) ed è figlio di un consiglio di una parente di cui si fida il «portavoce» che, per preservare dallo stress il principale, gli ha rammentato il vecchio proverbio: «Occhio non vede, cuore non duole». Solo che guardandosi sempre a uno specchio benevolo, Conte rischia di avere una visione distorta della realtà. Ricorda la «piesse» teatrale di Petrolini-Nerone che parla al popolo (Conte lo ha fatto più volte dal piccolo schermo), che parafrasata potrebbe risultare così: «E il modello italiano sarà più grande e superbo che pria...». Con il popolo che risponde «bravo» e Nerone, alias Conte, grazie, in un crescendo confusionario che si conclude con Nerone, alias Conte, che dice bravo e il popolo risponde grazie. Del resto tre giorni fa il premier con 800 morti al giorno è riuscito a dire tra le pieghe del Corriere: «La strategia messa in atto per fronteggiare la seconda ondata sta funzionando». Roba da non credere.

Purtroppo, però, la distanza con cui Conte è abituato a guardare ciò che accade, se può essere una cura efficace per i suoi nervi presa in prestito da un celeberrimo insegnamento di Margaret Thatcher («mi faccio portare solo gli articoli che parlano bene del mio governo»), rischia di procurare guai al Paese. L'idea di riaprire le scuole prima delle feste di Natale è l'esempio classico. Conte ha preso l'impegno davanti al popolo in Tv che riaprirà i battenti degli istituti prima che si accendano le luminarie sull'albero. Addirittura nel Consiglio dei ministri dell'altro ieri la ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, ha premuto per la data del 9 dicembre. Va da sé che pure la data è sbagliata, perché cade lo stesso giorno dello sciopero del pubblico impiego che guarda caso riguarda pure gli insegnanti: ma la gaffe, visto lo stile del responsabile dell'Istruzione, è nelle cose, speriamo solo che sia l'ultima che ci riservi da qui alla fine dell'anno. Il problema, però, non sono le corbellerie dell'Azzolina, ma il rischio insito nella scelta di riaprire le scuole prima del Natale, che fa a botte con gli appelli alla prudenza del premier con i cenoni ristretti e con i lucchetti agli impianti da sci. Basta interpretare correttamente i dati che piacciono tanto al Comitato Tecnico Scientifico, che dispone e regna nel Paese, per scoprire che potrebbero nascere problemi davvero seri: dal 25 agosto al 7 novembre, con le scuole in buona parte aperte, la fascia di età scolastica (da 0 a 19 anni) è passata da 9544 contagi a 102mila 419, diventando rispetto alle altre la più esposta al virus con un aumento del 1073,10%; chiuse le scuole il contagio si è allargato a poco più di 40mila casi (con un aumento del 45,69%), per cui l'incremento è stato più basso rispetto a quelli che si sono verificati nelle generazioni dei trentenni, dei quarantenni, dei cinquantenni e dei sessantenni. Questo significa, ormai è il segreto di Pulcinella, che il veicolo principale della seconda ondata sono state le scuole, naturalmente corredato da una serie di motivi come il poco spazio negli istituti e i problemi riguardanti i trasporti. Ora riaprire le scuole a due settimane dal Natale, mentre la curva del contagio comincia a piegarsi verso il basso, significa lo diciamo fin d'ora a futura memoria veicolare il virus nelle feste, ponendo le basi della terza ondata. Lo capirebbe anche un bambino, tanto più che non si capisce a questo punto cosa cambierebbe se si riaprisse venti giorni dopo, all'indomani di Capodanno.

Purtroppo è il solito approccio retorico dell'Azzolina, che non sente ragioni, condito dall'immancabile dose di populismo 5stelle. «Ma come faccio confida il grillino Cristian Romaniello a dire in Parlamento teniamo le scuole ancora un po' chiuse e, poi, a presentarmi agli studenti che manifestano per riaprirle? Inoltre le scuole sono luoghi sicuri, lo dimostrano i dati scientifici». Di quali dati parli Romaniello, cresciuto alla scuola, appunto, «delle scie chimiche», non è dato sapere.
E, infatti, l'ipotesi di una riapertura a dieci giorni dal Natale è vista con terrore dagli alleati di governo. «Se il problema ammette il capogruppo Pd, Graziano Delrio è slittare solo di una settimana, non è sicuramente una riflessione sbagliata». «Riaprire prima del Natale?! Una menata osserva sarcastico Andrea Orlando, numero due del Pd che fa il paio con quelli che vogliono andare a sciare. Ho visto che Toti sta facendo la campagna per gli sci. Mi chiedo che cosa gliene frega visto che in Liguria non c'è una pista». Il problema del Pd, però, è sempre il solito: abbaia ma non morde. Lo stesso Zingaretti, terrorizzato per Roma (sta accarezzando pure il pensierino di candidarsi al Campidoglio), ha confidato ad un amico: «Mi sto battendo come un Leone per evitarlo!». Peccato, però, che il leone nella Conferenza delle regioni non ruggisce, per lo più è afono, non parla mai.

Così con il premier lontano dalla realtà, il dilemma rimane e la paura pure. Anche perché è facile, con la mente rivolta a due mesi fa, simulare ciò che accadrà: gli assembramenti nelle scuole e il trasporto pubblico affollato, faranno ripartire il contagio nella fascia dell'età scolastica e i giovani, inconsapevoli, lo veicoleranno nelle famiglie. «Così durante le feste rimarca il renziano Gennaro Migliore, con una battuta solo per attirare l'attenzione sulla questione faranno la festa al nonno». È fatale, quindi, che la decisione di una riapertura il 9 dicembre è vista in buona parte del Parlamento come l'ennesima baggianata pericolosa del governo. «Se lo fanno sono dei deficienti», non si trattiene la forzista, oltretutto medico, Maria Teresa Baldini.

Mentre un esponente della maggioranza, come il moderato Giacomo Portas, già solo a parlarne esce fuori di senno: «Capisco che con la mente alle amministrative tutti pensino al mondo della scuola. Ma se riaprono prima del Natale, non bisogna mandare a Palazzo Chigi Mattarella o un magistrato, ma addirittura uno psichiatra. Questi rischiano di portare al pranzo di Natale il virus insieme al panettone!».

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