L'Iran ha giurato di vendicarsi per l'omicidio di Ismail Haniyeh, ucciso da una bomba durante la sua visita a Teheran lo scorso 31 luglio. La teocrazia sciita non ha dubbi che sia stato un blitz del Mossad, anche se Israele non ha né confermato né negato il suo coinvolgimento. Ma non è ancora chiaro quando scatterà la rappresaglia.
Sono ore concitate e la diplomazia internazionale è al lavoro per dissuadere la Repubblica islamica dall'attaccare lo Stato ebraico. Le pressioni internazionali sembrano aver dato un primo risultato: un alto funzionario della sicurezza iraniana ha rivelato che il regime degli ayatollah, assieme ai suoi alleati come Hezbollah in Libano, lancerebbe un attacco diretto su Israele solo se i colloqui per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi da Gaza fallissero di nuovo o se percepisse che Israele sta prendendo tempo. Lo Stato ebraico e Hamas hanno tenuto diversi round infruttuosi negli ultimi mesi. Ma in Israele, il clima è ad alta tensione, e molti osservatori ritengono che una risposta iraniana sia comunque imminente anche se non è chiaro quanto tempo Teheran voglia concedere prima di agire.
Il rischio maggiore è quello di una guerra più ampia in tutto il Medio Oriente, e perciò negli ultimi giorni l'Iran è stato coinvolto in un intenso dialogo con i Paesi occidentali e gli Stati Uniti. Nel contempo però è di ieri la notizia, riportata dall'agenzia di stampa Mehr, che l'Iran sta tenendo un'esercitazione militare nel nord del Paese. Un dato che certo non tranquillizza in vista di un possibile appeasement.
Non bisogna dimenticare che la politica regionale del regime di Teheran è stabilita dai Pasdaran, che rispondono solo alla Guida Suprema Ali Khamenei, la massima autorità del Paese. Il nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha più volte ribadito la posizione antisraeliana della Repubblica islamica e il suo sostegno ai movimenti di resistenza in tutta la regione.
L'Iran ieri ha respinto con fermezza la richiesta dei Paesi occidentali di ritirare le minacce contro Israele e ha fatto sapere che non sta cercando il «permesso» per vendicarsi contro il suo nemico. «La Repubblica islamica è determinata a difendere la sua sovranità e non chiede a nessuno l'autorizzazione per esercitare i suoi diritti legittimi», ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanani. E ha anche sottolineato come gli appelli alla moderazione «contraddicono i principi del diritto internazionale».
Secondo diversi rapporti però Israele ritiene che l'Iran intenda attaccare prima dei colloqui di domani. Anche se dalle ultime notizie sembrerebbe che la rappresaglia avrà luogo solo dopo i negoziati e solo se questi non produrranno risultati sufficienti per la Repubblica islamica. «Qualcosa potrebbe accadere già questa settimana da parte dell'Iran e dei suoi delegati - ha rivelato il portavoce della Casa Bianca John Kirby - Se ciò succedesse, la tempistica potrebbe avere un impatto su questi colloqui». «Mi aspetto che con un cessate il fuoco, l'Iran rinunci all'offensiva», ha spiegato in serata il presidente Usa, Joe Biden
L'Iran ha più volte dichiarato che vuole evitare una guerra su vasta scala. E sta anche valutando l'invio di un rappresentante ai negoziati per il cessate il fuoco, notizia poi smentita dalla rappresentanza diplomatica di Teheran. Due fonti vicine a Hezbollah hanno però rivelato che l'Iran non avrebbe rinunciato alle sue intenzioni di rappresaglia, un cessate il fuoco a Gaza, però, potrebbe convincere il regime degli ayatollah a dare una risposta simbolica più piccola.
Ma secondo Farzin Nadimi, membro del Washington Institute for Near East Policy, «l'Iran vuole che la sua reazione sia più efficace dell'attacco del 13 aprile», e ciò richiede «preparazione e coordinamento», soprattutto se coinvolgerà il cosiddetto Asse della Resistenza, composto dai suoi alleati e delegati, ovvero Hezbollah in Libano, Hamas a Gaza, i ribelli Houthi nello Yemen e le milizie sciite irachene.
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