Attenzione: qualcosa si muove a sinistra. A tre giorni dal voto - cioè ieri - hanno fatto una scoperta che sta alla rive gauche come quella dell'America sta alla storia dell'umanità: i poveri - financo quelli non italiani - preferiscono votare la Meloni e il centrodestra, piuttosto che il centrosinistra. Pensare che le fasce meno abbienti, in preda al masochismo, votassero per il Pd era una follia come il terrapiattismo - è palmare -, ma c'era bisogno di una prova empirica. Così il fascistologo di Repubblica, Paolo Berizzi, si è spinto fuori dalle zone a traffico limitato dei salotti chic - quindi nella prima periferia milanese, zona Corvetto - per esplorare la fauna dei «nuovi poveri» e capire se voteranno e cosa voteranno. «Indigenza vera, analfabetismo, storie durissime e difficoltà personali, problemi di salute, disagio», scrive il quotidiano diretto da Molinari. Ed è la cornice sociale all'interno della quale viene tratteggiato l'affresco - molto snob - di questi quasi anziani, semi emarginati, poco istruiti e senza soldi, che votano centrodestra nella speranza di un riscatto economico e sociale. Come se avere una estrazione sociale bassa fosse una colpa (ora i proletari sono diventati cattivi?) e come se votare Meloni, Berlusconi e Salvini fosse un'aggravante.
Serpeggia sempre l'idea poco salubre che il voto per il centrodestra non scaturisca da una appartenenza, ma da una esclusione; che debba essere generato da un disagio o da una scarsa preparazione culturale; che non sia un'azione ma una reazione. Il solito complesso di superiorità alla Bernard-Henri Levy, cioè la democrazia à la carte: gli elettori vanno bene solo se sono di sinistra. Altrimenti sono brutti, sporchi, cattivi e ignoranti e quindi sono un po' meno cittadini degli altri.
Non è un caso che l'unico riscattato, in tutto il reportage, sia un marocchino laureato che, ovviamente, vota sinistra «perché bisogna accogliere e aiutare». Tutti gli altri - compresi gli immigrati ucraini di vecchia data - sperano nel centrodestra. Ed è forse proprio questo il grande fallimento di questa sinistra: aver perso gli ultimi senza essere diventati i primi.
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