![Il pugno degli Usa sul procuratore Cpi anti Netanyahu. "Ingresso vietato"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/14/1739510780-23126061-large.jpg?_=1739510780)
Dopo l'ordine esecutivo firmato la scorsa settimana da Donald Trump con cui ha imposto sanzioni alla Corte penale internazionale, entrano in vigore le misure contro i giudici dell'Aia e il primo ad essere colpito è il procuratore capo Karim Khan.
Il Dipartimento del tesoro americano ha infatti pubblicato la sanzione nei confronti di Khan che, come anche la sua famiglia, non potrà più entrare negli Stati Uniti e saranno congelati i beni che possiede negli Usa. L'amministrazione americana ha inoltre spiegato che le sanzioni mirano a contrastare qualsiasi tentativo della Cpi di esercitare la propria giurisdizione su cittadini americani e alleati senza il loro consenso. Occorre capire quali ripercussioni diplomatiche ci saranno e come la Corte risponderà alle sanzioni, di certo Trump è determinato ad andare avanti nel suo scontro con i giudici dell'Aia.
La decisione del presidente americano nasce in segno di rappresaglia per l'inchiesta condotta dalla Corte penale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu accusato, insieme al suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant, di crimini di guerra e su cui spicca un mandato di arresto della Cpi.
La decisione aveva scaturito una dura reazione diplomatica da parte di Israele in particolare perché metteva sullo stesso piano Netanyahu e alcuni leader del gruppo terroristico di Hamas. Proprio Netanyahu nelle settimane passate ha incontrato Trump nel suo viaggio negli Stati Uniti e il presidente americano ha garantito tutto il proprio sostegno a Israele. Così, il 6 febbraio, ha firmato un ordine esecutivo imponendo sanzioni contro la Cpi e accusando la Corte di «azioni illegittime e infondate contro l'America e il nostro stretto alleato, Israele».
In risposta 79 paesi membri della corte hanno siglato una dichiarazione congiunta a difesa dell'Aia sostenendo che le sanzioni di Trump «comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo» oltre ad «aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale». Anche Ursula Von der Leyen si è schierata a favore della Cpi dichiarando che «La Cpi garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l'impunità globale».
Tra i firmatari del documento non figura però l'Italia che è finita al centro di una disputa proprio con la Cpi per il caso Almasri. La corte aveva infatti spiccato un mandato di arresto nei confronti del libico nel momento in cui era entrato in Italia nonostante si trovasse già da giorni in Europa, una circostanza ancora non chiarita. In seguito alla decisione di rimpatriare Almasri, la Corte ha poi chiesto chiarimenti al governo italiano che è stato anche denunciato all'Aia.
A destare qualche perplessità è il profilo di Karim Khan, avvocato britannico con padre pakistano e madre inglese, che, prima di diventare procuratore capo della Corte penale internazionale il 12 febbraio 2021, ha una lunga carriera da avvocato alle spalle. In questa veste ha difeso l'ex dittatore liberiano Charles Taylor, il presidente keniota William Ruto e il ribelle sudanese Bahe Idriss Abu Garda. Tra i suoi clienti spicca Saif al-Islam Gheddafi, il figlio di Mu'ammar Gheddafi, accusato proprio dalla Corte penale internazionale. Catturato dalle milizie libiche nel 2011, Gheddafi Jr.
era stato condannato alla pena di morte nel 2015 dai giudici dell'Aia, salvo poi essere graziato l'anno successivo dopo un'amnistia. Solo pochi anni dopo, da difensore di criminali, Khan è diventato grande accusatore di capi di governo come Benjamin Netanyahu, un curioso percorso professionale.
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