![Quando il leader "dialogante" venne fatto fuori dai colleghi per le aperture a Berlusconi](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/11/1739249745-4551995-large.jpg?_=1739249745)
Forse siamo alla svolta. O forse no. Certo, il neo presidente dell'Anm Cesare Parodi usa toni concilianti e afferma: «Non tocca ai magistrati scrivere le leggi». L'Anm scenderà dalle barricate? Domanda che, a sentire gli esperti di cose giudiziarie, se ne porta dietro un'altra: Parodi durerà sulla sua strategica poltrona? Non è un quesito dettato dalla malizia, ma semmai il riconoscimento che pattinare sul ghiaccio del cambiamento e delle riforme può essere un esercizio molto scivoloso.
C'è un precedente che tutte le toghe ricordano bene: nel 2008 ai vertici dell'Anm arriva il magistrato milanese Simone Luerti (foto), cattolico, moderato, lontano da certi estremismi di rito ambrosiano. Sono passati diciassette anni, ma quella situazione presenta molte analogie con il presente: solo che quella volta il nemico non si chiama Giorgia Meloni ma Silvio Berlusconi.
E Luerti apre, ovvero concede un'intervista al Corriere della Sera in cui non si specchia nei soliti toni apocalittici utilizzati talvolta dai suoi colleghi, ma dà prova di realismo e concretezza. Troppo realismo, forse, e troppa concretezza. Anzi, come racconta Luca Palamara ad Alessandro Sallusti nel libro Il Sistema, Luerti commette quelli che per lui e per i leader dell'Anm sono due errori fondamentali: «Fa una sorta di apertura a Berlusconi sulla possibilità di riformare il Csm e in particolare teorizza la possibilità che i provvedimenti disciplinari per i magistrati possano essere affidati a qualcuno al di fuori dell'organo di autodisciplina». Tutte questioni all'ordine del giorno, affrontate nella legge sulla separazione delle carriere. Ma quel che suscita proteste e scioperi nel 2025, è inimmaginabile nel 2008. E infatti le correnti allarmate partono all'attacco e Luerti viene travolto.
Come? «Non erano questi i patti - spiega Palamara. Che poi svela quel che accadde. Luerti «non può essere rimosso per quelle parole, sarebbe stato come gettare la maschera e mostrare il vero volto. E allora arriva in soccorso il killer».
Sì, il killer. È un metodo collaudato e infallibile: «Sul tavolo del Csm arriva una carta che era sepolta fra le migliaia dell'inchiesta Why Not del pm De Magistris. «Sono poche righe in cui si documenta come Luerti avesse pranzato e intrattenuto rapporti con uno degli indagati, il ciellino Saladino». Non basta. «Per aumentare il carico - aggiunge Palamara - ci sono anche, non si capisce a che titolo, indiscrezioni sul fatto che Luerti appartenesse ai Memores Domini, un'associazione laica che pratica la castità, sotto l'egida di Cl, il movimento cattolico di cui anche lui faceva parte».
Non c'è bisogno d' altro: il killer, come lo chiama Palamara, ha centrato il bersaglio e infatti Luerti, infuriato e indignato per la bassezza degli attacchi, si dimette.
I vertici dell'Anm respirano: l'anomalia è stata neutralizzata, con quel gioco di allusioni e
veleni, e si può riprendere in grande stile la guerra contro il Cavaliere. Soprattutto, così si bloccano le riforme. Uno stallo che oggi prosegue. Ora Parodi vuole leggere un altro spartito. Speriamo che ne abbia il tempo.
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