A Luca Palamara non piaceva perdere. Peraltro gli succedeva di rado: come abbiamo raccontato ieri, nei casi in cui nel plenum del Consiglio superiore della magistratura le correnti andavano allo scontro su una nomina, vinceva quasi sempre lui: ottantaquattro tra procuratori, presidenti e vicepresidenti di tribunale, procuratori generali, non sarebbero oggi nei loro posti se Palamara avesse puntato su un altro cavallo. Nei pochi casi in cui andava sotto, riusciva a fare sentire la sua voce: come quando nel 2016 si rende conto che per la presidenza della Corte d'appello di Brescia è in testa Claudio Castelli, leader storico di Magistratura democratica. Cosa fa Palamara? Lascia che i suoi quattro colleghi di corrente (Unicost, il gruppo di centro delle toghe) insistano sul loro candidato. Ma lui vota per Castelli, in modo da mettere la firma sulla nomina.
Analizzare gli andamenti del plenum tra il 2014 e il 2018, quando Palamara faceva parte del Csm, fa restare quasi ammirati davanti alle astuzie di Palamara. Come in un'altra sconfitta apparente, la nomina di Francesco Lo Voi alla Procura di Palermo. Palamara vota per un altro candidato, Guido Lo Forte. Ma è un voto di facciata: in realtà ha lavorato per Lo Voi, d'intesa con il procuratore uscente Giuseppe Pignatone: di cui, raccontano oggi le chat, era la longa manus dentro il Csm.
Le chat illuminano anche altre imprese di Palamara. Come il 22 novembre 2017, quando il Csm elegge il presidente del tribunale di Palmi. Alla prima votazione Palamara finge di votare un nome di bandiera, tale Samperi. Ma al secondo giro porta tutti i suoi voti sulla candidata della destra, Concettina Epifanio, che vince. Ora si scopre che la Epifanio aveva bussato a lungo alla porta di Palamara: «Volevo sapere e quando posso venirti a parlare a tu per tu... ti voglio un mondo di bene», gli scrive in giugno.
Altra nomina in bilico, quella per il presidente del tribunale di Firenze. Una corsa a tre, Palamara spinge per Marilena Rizzo ma in plenum(novembre 2015) la partita è aperta. Lui prima tira dalla sua la consigliere di sinistra Paola Balducci, poi al secondo turno ribalta l'alleanza e porta sulla Rizzo i voti della destra di Magistratura Indipendente. Ora dalle chat si scopre che i rapporti tra Palamara e la Rizzo sono così stretti che negli anni successivi lui riceve da lei le indicazioni per toghe fidate da piazzare negli uffici giudiziari toscani.
Altra nomina in bilico fino all'ultimo, la presidenza della sezione lavoro del tribunale di Bari. In Csm il 15 novembre 2017, la prima votazione finisce alla pari, 10 a 10. Riccardo Fuzio, procuratore generale della Cassazione e come tale membro di diritto del Csm, al voto risulta «assente». Ma Palamara fa il miracolo, al momento del ballottaggio si materializza Fuzio e passa la candidata di Palamara, Maria Luisa Traversa. Anche di Fuzio le intercettazioni hanno poi rivelato il filo diretto con Palamara.
Nei retrobottega del Csm il leader di Unicost, raccontano questi verbali, si muove come un Richelieu. A fine 2015. bisogna scegliere il procuratore di Sassari, anche stavolta il primo voto si inchioda sul pareggio. Un consigliere laico, il grillino Alessio Zaccaria, si è astenuto. Beh, nei pochi istanti tra un voto e l'altro Zaccaria cambia idea: e al ballottaggio vota Giovanni Caria, il candidato di Palamara. Vittoria.
E così via, in un tripudio di pause caffè, di cene, di messaggini in cui a volte le manovre di Palamara incoronano magistrati di valore, a volte mezze figure destinate altrimenti alla sconfitta. Fino alla riunione cruciale del 21 febbraio 2018, in ballo ci sono sette nomine in Cassazione, tutte di primo piano. Area, la sinistra, si presenta in plenum con una serie di candidature pesanti, incamera le due nomine più importanti e si avvia a fare il pienone, anche Uliana Armano - l'ultima candidata superstite di Unicost - sembra destinata a soccombere.
Nel gruppo di Unicost è il panico, «se perdiamo dico che mi devo allontanare - scrive in diretta a Palamara la sua collega Maria Rosaria Sangiorgio - non possiamo perdere anche l'Armano, sarebbe una debacle». Ma Palamara non molla, fa ritirare la Armano da uno scontro diretto, e la porta allo scontro con un candidato più debole. E la Armano passa, col voto del solito Fuzio. Chapeau.
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