Ha scelto una strada molto centrale, venendo da Gerusalemme con la carta d'identità blu e il Kalashnikov fino quasi ad Ashkelon all'incrocio di Reem per ammazzare alla fermata dell'autobus due persone e ferirne altre quattro fra cui un ragazzo di 16 anni in fin di vita: di fronte alla proposta americana, di uno Stato Palestinese, questo è il biglietto da visita della «moderata» area oltre i confini di Gaza, quella di Abu Mazen, nell'Autorità palestinese, quella che era stata sgomberata dalla presenza militare israeliana salvo che nella zona C con gli accordi di Oslo. Si preparava così il terreno a «due stati per due popoli», ma Arafat mostrò che la scelta vera era distruggere Israele con la «seconda intifada» nel 2001 quando quasi duemila civili israeliani, donne e bambini, sono stati esplosi e fucilati per strada. Non si è mai tuttavia smesso di cercare, da parte di Israele, «due stati per due popoli» collezionando i «no» di Arafat a Shamir, a Rabin, a Barak, e poi a Olmert di Abu Mazen e a Netanyahu. Adesso, eliminando l'elementare clausola del bilateralismo di Oslo, Joe Biden, fiancheggiato dall'Unione Europea e dall'Onu, ripropone a Israele la solita formula, con la cauta aggiunta (americana) di uno stato palestinese riformato, demilitarizzato.
Dovrebbe essere questa la conclusione della guerra seguita al pogrom organizzato da Hamas a Gaza, ma ammirato e approvato da tutti i palestinesi, se è vero che Abu Mazen non l'ha mai condannato, e che l'87 per cento dei palestinesi è d'accordo con l'orrore e la strage. Biden fa i suoi calcoli, certo pieni di buona volontà; pensa anche che l'eventuale sponsorizzazione dell'accordo da parte dell'Arabia Saudita, di cui si parla come di una forma di garanzia antiraniana per Israele, dovrebbe aprire un'era di pace fra arabi e israeliani. Ma non ha fatto i conti coi palestinesi di oggi: se si chiede a loro, per esempio Jibril Rajub, uno dei massimi leader dell'Olp, dice a Hamas, che il 7 ottobre «ha reso l'unità fra di noi non solo realizzabile, ma necessaria, la palla è nel vostro campo, decidete voi». Jenin, Ramallah, Hebron, Bethlehem... pullulano di armi, Hamas batterebbe in un soffio Fatah alle elezioni se solo Abu Mazen le inducesse. Netanyahu per rispondere alla proposta di Biden con cui peraltro ieri notte ha parlato amichevolmente per 40 minuti, ha detto: «Tutti parlano di due stati per due popoli. Ma io domando che cosa significhi: devono avere un esercito? Possono siglare un accordo militare con l'Iran? Possono importare missili dal Nord Corea e altre armi mortali? Possono continuare a educare i bambini al terrorismo e lo sterminio?...I palestinesi devono avere il potere di autogovernarsi, ma non un potere che consenta loro di minacciare Israele» e quindi aggiunge il primo ministro «il controllo di sicurezza deve rimanere nelle mani di Israele, la storia ha dimostrato che il terrorismo ritorna».
E un eventuale Stato palestinese sarebbe per Israele, un abbraccio mortale con bande armate e ostili.
La determinazione palestinese è scritta in tutta la sua storia: e l'inaspettata scelta di Biden di premiare i palestinesi per il 7 ottobre e il rigetto dell'esistenza di Israele, è un messaggio disastroso all'Iran, all'Iraq, alla Siria, al Libano, alla Russia loro sponsor, alla Cina... e a tutte le organizzazioni terroriste. È un premio per cui il criminale Sinwar che ha ordinato di decapitare i neonati, violentare, uccidere, diventa il Ben Gurion dei Palestinesi.
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