Quei ragazzi italiani morti per un'Europa che non c'è

Antonio, Patrizia e Valeria credevano in un ideale cancellato da odio islamista e identità perduta

Quei ragazzi italiani morti per un'Europa che non c'è

È il paradosso di Antonio, ma anche di Patrizia e Valeria. Il tragico paradosso di tre italiani che amavano l'Europa, ma sono stati barbaramente uccisi dai mostri cresciuti in due città simbolo dell'Unione come Strasburgo e Bruxelles. Il volto entusiasta di Antonio Megalizzi, il giornalista spentosi dopo tre giorni passati a lottare con la pallottola piantatagli nel cranio dalla belva islamista di Strasburgo, l'abbiamo tutti negli occhi. Quelli di Patrizia Rizzo e di Valeria Soresin forse li abbiamo dimenticati. Patrizia morì straziata dall'ordigno fatto esplodere il 22 marzo 2016 nella metropolitana di Bruxelles dalle bestie dell'Isis cresciute a Molenbeek, nel cuore della capitale europea. Valeria cadde uccisa il 13 novembre 2015 nel mattatoio del Bataclan. Tutti e tre guardavano a Strasburgo e a Bruxelles come ai simboli di un mondo migliore, di un'idea più grande, e forse più nobile, di quella dell'Italia a cui appartenevano. Ma tutti e tre sono stati uccisi da creature cresciute nell'assenza di quell'Europa e dei suoi ideali. Creature generate da un Islam radicale che ha messo le radici in due capitali dell'Europa dove dell'identità e della tradizione europea è rimasto poco o nulla.

I mercatini di Natale, l'antica tradizione di Strasburgo in cui si passeggiava Antonio quando ha incontrato il suo assassino, hanno ormai solo la forma esteriore del Natale. Dietro luminarie e affari conditi da ciambelle e zucchero filato si nasconde una città ormai lontana dalla religione e della fede cristiana. Una città dove le chiese sono monumenti ad un passato religioso dimenticato e ignorato dalle istituzioni europee. La forma di quella religione, nascosta dietro chiese sempre più vuote e solitarie si fa sostanza in una città dove oltre 40mila dei circa 260mila abitanti sono ormai musulmani. E così una delle due sedi del Parlamento Europeo, quella più simbolica perché costruita nel capoluogo di una regione prima linea, fino a 70 anni fa, dello scontro franco-tedesco, è diventato il verminaio dell'odio islamista. Non a caso il primo attentato contro la Cattedrale di Strasburgo venne ordito, e fortunatamente sventato, alla fine degli anni 90 da una cellula di Al Qaida che aveva messo radici in quella zona. Non a caso il dieci per cento degli oltre dodicimila islamisti radicali francesi identificati dalla cosiddetta Fiche S arriva proprio dalla regione di Strasburgo.

E da questa stessa regione arrivano 200 dei nuovi iscritti inseriti durante il 2017 nel listone francese dei potenziali terroristi. E dai dintorni di Strasburgo si è mosso Khamzat Azimov, il 20enne di ceceno che lo scorso maggio ha fatto un morto e quattro feriti accoltellando i passanti attorno all'opera di Parigi e firmando l'ultimo attentato dell'Isis messo a segno in Francia prima di Strasburgo. Bruxelles, la capitale europea, non fa differenza. Qui ormai un cittadino su quattro è di fede musulmana. E Molenbeek, quartiere distante due chilometri dalle istituzioni europee, ha generato i mostri che hanno colpito sia Parigi, sia l'aeroporto e la metropolitana di Bruxelles. Ma non solo. Da Molenbeek partirono, alla vigilia del 2001, gli attentatori mandati ad eliminare Masoud, l'ultimo grande nemico di Al Qaida in un Afghanistan controllato dai talebani.

A fronte di tutto ciò il paradosso di Antonio, Valeria e Patrizia è sicuramente tragico, ma assai poco sorprendente. Purtroppo l'Europa in cui credevano non esiste. É un sogno vuoto dove la mancanza di una Costituzione è il segnale più evidente dell'incapacità di abbracciare ideali, identità e tradizioni comuni.

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