La frase choc di Prodi sul Colle: "Perché Berlusconi non va bene"

L’ipotesi di Berlusconi al Colle, lanciata da Matteo Salvini, è subito stoppata dall’ex leader dell’Ulivo, Romano Prodi. La sua frase, un'entrata a gamba tesa, fa discutere

La frase choc di Prodi sul Colle: "Perché Berlusconi non va bene"

Silvio Berlusconi al Colle? Una ipotesi assolutamente da scartare, almeno secondo Romano Prodi. L’ex leader dell’Ulivo, ospite della trasmissione "Studio 24" su Rainews 24, ha parlato della delicata situazione politica in Italia spiegando il perché una elezione del Cavaliere come nuovo capo dello Stato, così come prospettato nelle scorse ore da Matteo Salvini, sia una eventualità del tutto inverosimile."Non ritengo che Berlusconi abbia la maggioranza per andare al Quirinale, però tutto può avvenire in questo quadro politico", ha affermato Prodi. Ma non ci sono solo i numeri a sbarrare la strada per il Colle al leader di Forza Italia. Per il Professore, infatti, vi è un’altra delicata questione: "Di solito al Quirinale vanno persone meno controverse, proprio perché la funzione del nostro Presidente della Repubblica è quello di aiutare una convergenza e non una polarizzazione del sistema".

Prodi, così, ha voluto mettere subito a tacere le voci su un settennato al Colle di Berlusconi, suo storico nemico, così come suggerito da Matteo Salvini. Il leader della Lega, ai microfoni del programma di La7 "Non è l'Arena", aveva spiegato che a suo parere il Cavaliere "può ambire al Quirinale". Allo stesso tempo, però, l’ex ministro dell’Interno ha spiegato che la questione non è al centro del dibattito nel centrodestra: "Se mi chiede se facciamo le riunioni per parlare di questo le dico no".

Non è un mistero che molti a sinistra e nei 5s non vedano bene Berlusconi nel ruolo di Presidente della Repubblica. Tra questi sicuramente figura Prodi. Eppure prima di sparare sentenze sugli altri il Professore farebbe bene a guardare in casa propria. Perché proprio Prodi non riuscì a coagulare intorno a sé il consenso. Neppure nel suo stesso partito. Era il 2013 quando Prodi, ormai ad un passo dall’elezione a capo dello Stato, fu impallinato da numerosi "franchi tiratori", forse del suo stesso partito, il Pd. Al fondatore dell'Ulivo erano mancati ben 101 voti. Non proprio pochi.

Ma è come avvenuto l’affossamento della candidatura che ancora oggi lascia stupiti. Il nome di Prodi per il Colle era stato accolto dall'assemblea dem, riunitasi qualche ora prima del voto, da una corale standig ovation, accompagnata da grida e abbracci di giubilo. Niente a che vedere con i cori di protesta e i voti in dissenso espressi la sera precedente quando Pier Luigi Bersani indicò Franco Marini. Sembrava tutto fatto, quindi. Ma in Aula accadde l’imprevedibile.

Quel risultato fu lo specchio di una situazione estremamente difficile che si viveva non solo nel Pd ma nella sinistra in generale e certificò che, almeno in quel momento, il Pd era preda della balcanizzazione. Anche negli anni seguenti, di momenti difficili i dem ne hanno vissuti tanti. E quanto sta accadendo in questi giorni convulsi ne è una prova.

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