"È normale che un episodio del genere si verifichi proprio nel giorno in cui i giornali riferiscono che Conte vorrebbe imporre alle tv di far parlare solo i suoi 5 vicepresidenti?". A chiederselo è il deputato renziano Michele Anzaldi, parlando della decisione di Conte di consetire solo a Paola Taverna, Mario Turco, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa e Alessandra Todde di rilasciare interviste ai telegiornali.
"'Mezz'ora in più' su Rai3 trasformata in una specie di convention elettorale M5S, con i 5 più stretti collaboratori di Conte presentati addirittura al pubblico da lui in prima persona", scrive Anzaldi su Facebook, riferendosi al debutto televisivo dei 'magnifici' 5 vicepresidenti, avvenuto domenica pomeriggio nel corso della trasmissione di Lucia Annunziata. Il deputato di Italia Viva, in qualità di segretario della Commissione di Vigilanza Rai, si è rivolto direttamente al presidente del Cda Marinella Soldi e all'amministratore delegato Carlo Fuortes domandando loro:"Questa può definirsi davvero informazione da servizio pubblico? Una scena del genere è compatibile con il Contratto di Servizio, il pluralismo e il rispetto della deontologia giornalistica?". Anzaldi, nel suo post, chiama in causa anche l'Ordine dei giornalisti reo, secondo lui, di non aver proferito parola "sulla legittimità di un diktat del genere". "Ci si sarebbe attesi una discussione sul fatto che un partito voglia sostituirsi all'autonomia giornalistica delle redazioni e decidere chi debba parlare, a prescindere dalla notizia, dalla carica ricoperta, dal ruolo svolto in Parlamento sui provvedimenti", sottolinea Anzaldi che, poi, conclude: "Proprio mentre l'abuso di una simile pretesa viene denunciato dai giornali, la Rai si adegua al diktat? Che messaggio viene dalla tv pubblica? Questo è il modo in cui si manifesta l'autonomia dalla politica e si rispettano i telespettatori che pagano il canone?".
Ma il diktat di Conte, come già anticipato da ilGiornale.it, crea scompiglio anche dentro il M5S. Oggi, secondo quanto rivela l'Adnkronos, in una chat interna al Movimento avrebbe espresso forti perplessità anche il senatore pentastellato Primo Di Nicola, giornalista e vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai.
"Questo diktat - scrive il parlamentare che di professione è, oltretutto, un giornalista - sotto il profilo della libertà di informazione rappresenta una indubbia criticità, visto che qualsiasi direttore o conduttore Rai che vi si allineasse potrebbe essere accusato di violare il principio del pluralismo e quello dell'indipendenza e dell'autonomia della Rai fissati nel contratto di servizio".
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