Affondarlo apertamente non si può, visto che l'incarico a Vittorio Colao gliel'ha dato Giuseppe Conte. Ma il piano per il rilancio del Paese per una parte della maggioranza è già declassato al rango di un'opinione come le altre. Al punto che il super esperto a capo della task force per il rilancio dell'Italia non compare ancora nella lista degli invitati agli Stati generali per il rilancio dell'Italia. A chi gli chiedeva se il manager parteciperà all'iniziativa del governo al via nel fine settimana a Villa Pamphilj, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà, architetto della passerella voluta da Conte, risponde con uno sforzo di diplomazia che non riesce a mascherare il gelo: «Non ho in questo momento l'agenda di Colao, non so dire se sarà presente. Se verrà, sarà chiaramente il benvenuto». Meloni e Salvini intanto sono orientati a disertare l'evento. E Berlusconi starebbe valutando.
Tutto, nel piano di 121 pagine diffuso lunedì, a partire dalla tempistica, provoca una certa dose di irritazione sull'asse Palazzo Chigi-M5s e divide anche il Pd: il capogruppo al Senato Marcucci lo promuove, quello della Camera Delrio è freddo. Nessuno spara bordate, anche perché Colao sarebbe legittimato direttamente dal Quirinale. Ma sono troppi i temi indigeribili per i Cinque stelle. Un esempio per tutti: le norme che vietano l'opposizione localistica alle grandi infrastrutture (tipo Tav e 5G). Ma anche in campo fiscale: c'è qualche concessione al «green deal», ma si torna a parlare con onestà di condoni, in formato voluntary disclosure. Un tema su cui qualcuno non si trattiene dal commentare: «Non mi piace la parola condono.-frena Graziano Delrio- Questo paese ha il grande problema dell'evasione fiscale e deve continuare a combatterla». Ma anche Laura Castelli pianta un paletto: «Credo che ci sia e continua a esserci un problema di evasione e va risolto», concede il vice ministro all'Economia in quota 5s, che però ci tiene ad arginare un'altra delle proposte, la deroga al Decreto dignità: «Questo paese ha apprezzato i decreti, come il decreto dignità. Ci sono momenti di crisi come questo nei quali è giusto ragionare ulteriormente».
Tra le componenti della maggioranza, solo da Italia viva arriva vero apprezzamento: «Nel piano ci sono cose interessanti -dice al Giornale la mente economica dei renziani Luigi Marattin- molte sono cose che ripetiamo da anni, ma non si fanno perché è necessario mettere mano all'infrastruttura giuridica del Paese, in modo che chi governa abbia un orizzonte di cinque anni e investa su un dividendo politico non immediato».
Significativo anche che Marianna Mazzucato, l'economista amata dai grillini e consigliera di Conte, con una scusa non abbia firmato il documento ritenuto «ultraliberista». Tra i 5s nessuno si sbilancia. E già questo è un segnale: un piano così ampio dovrebbe suscitare un ampio dibattito. Invece viene bollato come «proposte già viste». E filtra il malumore, condiviso anche da Conte, perché il piano è circolato prima degli Stati generali. Mossa che i 5s imputano allo stesso Colao.
«Volevano tenerlo nel cassetto», sibila Mara Carfagna. Il documento piace di più all'opposizione che alla maggioranza. «C'è solo un problema - chiosa l'azzuro Sestino Giacomoni- c'è un piano ma non c'è una maggioranza per realizzarlo».
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