La rappresaglia di Pyongyang dopo la fuga. E nella guerra fra spie l'Italia resta a guardare

I coniugi volevano riprendere la ragazza. Gli 007 di Kim hanno subodorato il piano

La rappresaglia di Pyongyang dopo la fuga. E nella guerra fra spie l'Italia resta a guardare

A dar retta a quelli seduti oggi al posto di Jo Song-gil, all'ambasciata della Corea del Nord di Roma la verità è semplice e lineare. «Lui e la moglie spiegano a una fonte de il Giornale avevano abbandonato la figlia nella residenza dentro l'Ambasciata. La ragazza piangeva e chiedeva di tornare a casa. Così abbiamo organizzato il suo rientro mandandola dal nonno materno». La versione coincide perfettamente con quella della Farnesina secondo cui la figlia del diplomatico ha lasciato la capitale il 14 novembre dopo la segnalazione della partenza alle nostre autorità diplomatiche. Ma il mistero si nasconde proprio nell'apparente linearità che separa la scomparsa di Jo Song-gil e della moglie, avvenuta il 10 novembre 2018, e la partenza, quattro giorni più tardi, della diciasettenne scortata dalla sicurezza di Pyongyang.

A dar retta a fonti della nostra intelligence interpellate da il Giornale i genitori si sarebbero allontanati da soli per non destare sospetti nella convinzione di potere recuperare la figlia subito dopo. Gli 007 di Pyongyang, che già subodoravano qualcosa, li avrebbero però presi in contropiede. C'è però da chiedersi come Jo Song-gil s'illudesse di far uscire la ragazza 17enne da una residenza situata all'interno dell'ambasciata e quindi super sorvegliata. Chiaramente qualcosa negli avvenimenti di quei quattro giorni non quadra. Il primo mistero è chi abbia gestito l'affare Jo Song-gil. Potendo scegliere gli 007 a cui affidarsi il diplomatico avrebbe sicuramente scartato quelli italiani per affidarsi all'esperienza ben più specifica della Cia o del Nis, l'intelligence di Seul già protagonista in passato dell'esfiltrazione di altri diplomatici di Pyongyang. Ma anche qui qualcosa non torna. A novembre, appena cinque mesi dopo il vertice di Singapore tra Donald Trump e Kim Jong-un, Cia e Nis puntavano veramente a metter in piedi un'operazione capace d'incrinare i rapporti con Pyongyang? Anche perché mentre Trump puntava a replicare il vertice il presidente del Sud Moon Jae-in accarezzava quel progetto di riunificazione delle due Coree di cui è da sempre grande sostenitore. La contingenza politica farebbe dunque escludere un'iniziativa di Cia e Nis. A rendere improbabile un'autonoma iniziativa italiana concorreva, invece, la contingenza del ricambio dei vertici dei nostri servizi arrivati a scadenza proprio in concomitanza con la scomparsa del diplomatico. In quel contesto chi poteva pensare d'avviare un'operazione capace d'incrinare i rapporti con Washington? E chi, anche nel confuso governo gialloverde, poteva pensare di avallarla?

La delicata contingenza politica rafforza invece il sospetto di un'operazione avviata maldestramente da settori della Cia poco in sintonia con la Casa Bianca. Un'operazione bruscamente interrotta o ritardata in seguito a ordini superiori. Questo spiegherebbe la sparizione del diplomatico e di sua moglie mai riemersi dall'ombra, la dimenticanza della figlia e i misteriosi segnali lanciati da Thae Yong-ho, l'ex vice ambasciatore di Pyongyang a Londra trasformatosi, dopo la propria diserzione gestita nel 2016 da Seul, nel coordinatore dei diplomatici disponibili a passare con la Corea del Sud. Era stato lui a gennaio a svelare la notizia della sparizione da Roma di Jo Song-gil invitandolo a riparare a Seul.

Ed è stato ancora lui, ieri, a organizzare la conferenza stampa in cui ha svelato la scomparsa della figlia suggerendo al collega di escludere definitivamente l'idea di un asilo nell'odiato Sud per evitare alla diciasettenne una punizione tanto esemplare quanto terribile.

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