Hanno rifiutato lo stato d'emergenza dichiarato dal governo per garantire l'accoglienza dei migranti e si sono sottratti dal coordinamento garantito dal Commissario straordinario Valerio Valenti nominato dalla Protezione Civile. Ora però i capi bastone delle regioni rosse protagoniste del gran rifiuto ne approfittano per lamentarsi e accusare il governo. E per farlo cavalcano persino l'arrivo nel porto di Ravenna di una trentina di sudanesi in fuga dalla guerra civile sbarcati - assieme ad altri 39 migranti africani - da Humanity1, una nave sponsorizzata dal consorzio di Ong tedesche United4Rescue.
A guidare la carità strumentale e pelosa dei dem ci pensa Igor Taruffi. Nella sua doppia veste di assessore al Welfare dell'Emilia Romagna e di responsabile Organizzazione del Pd, Taruffi esalta da una parte la disponibilità con cui Ravenna e l'Emilia Romagna hanno accolto ieri lo sbarco dei 69 migranti, mentre dall'altra spara a palle incatenate contro il governo di Giorgia Meloni. «Resta - annota Taruffi - lo sconcerto di fronte alla totale assenza di confronto da parte del ministro dell'Interno con le Regioni e la totale improvvisazione del governo nazionale». Ma quell'improvvisazione, come testimonia la dichiarazione dello stato d'emergenza e l'arrivo ieri a Lampedusa del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, difficilmente può venir attribuita all'esecutivo. La carità «pelosa» esibita da Taruffi emerge anche dalle dichiarazioni del presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, prontissimo a usare l'arrivo della prima esigua pattuglia di sudanesi per avvalorare la tesi, cara a Pd e sinistra, secondo cui tutti i migranti fuggono dalla guerra. «Il governo ci ha chiesto aiuto ancora una volta e noi ci siamo. A Ravenna sostiene Bonaccini - abbiamo contribuito a far sbarcare un'ottantina di persone provenienti dal Sudan. Gente che non viene in vacanza, ma fugge dalla guerra».
Anche in questo caso però si tratta di parole in libertà. Solo trenta dei 69 sbarcati dalla Humanity1, provengono dal Sudan e possono quindi richiedere lo status di rifugiati. Gli altri 39 provengono da Nigeria, Ghana, Gambia, Eritrea, Guinea, Guinea Bissau, Sud Sudan, Mali, Niger Senegal, Togo. Come peraltro l'ottantina di migranti sbarcati sempre ieri a Lampedusa da due barconi. Migranti che in gran parte non fuggono da conflitti, ma da situazioni di difficoltà locali. E se è possibile, come avvertono fonti Onu, che oltre 270mila «sfollati» fuggano dal Sudan raggiungendo Ciad, Libia e coste del Mediterraneo è anche vero che la maggior parte dei 36mila migranti arrivati in Italia dall'inizio dell'anno non fuggono da guerre o calamità.
Per capirlo basta esaminare i dati del Viminale sui Paesi di provenienza. La Costa d'Avorio, al primo posto con oltre 5.800 arrivi, registrò un violento conflitto interno nel 2011, ma è ormai sulla strada della riconciliazione nazionale. E non vi è traccia di guerre nella seppur povera Guinea al secondo posto con oltre 4.400 arrivi. Ma il dato veramente paradossale è quello dei migranti provenienti da Pakistan e Bangladesh, rispettivamente al quarto e al sesto posto nella classifica degli sbarchi con 3.800 e 2.600 arrivi.
Oltre a non essere sconvolte né da guerre né da calamità, il Pakistan e il Bangladesh sono due nazioni situate non in Africa, ma nel subcontinente indiano. Si tratta dunque di Paesi da cui i cosiddetti migranti non «fuggono», ma partono a bordo di voli per la Libia o l'Egitto dove sono in attesa i trafficanti di uomini pronti traghettarli verso il Belpaese.
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