Alla fine, re Felipe VI ha deciso. E ha affidato ad Alberto Alberto Núñez Feijóo, presidente del Partito popolare spagnolo, l'incarico di formare un nuovo governo. Come ha notato El Paìs, per la prima volta Felipe VI si è trovato di fronte a due aspiranti primi ministri che, alle urne, avevano ottenuto risultati simili. Proprio ieri, al termine del suo colloquio con il sovrano, il leader socialista Pedro Sanchez si era detto convinto di raccogliere il sostegno parlamentare necessario per rilanciare un governo progressista: «C'è solo una maggioranza parlamentare possibile, una maggioranza progressista guidata dal partito socialista. Non c'è altra alternativa che ricreare un governo di progresso che consolidi i progressi di questi quattro anni». Così però non è stato.
Feijóo, infatti, ha accettato l'incarico, affermando: «Ringrazio Sua Maestà per la sua decisione di candidarmi alla Presidenza del Governo. Daremo voce agli oltre undici milioni di cittadini che vogliono cambiamento, stabilità e moderazione con un governo che difenda l'uguaglianza di tutti gli spagnoli». La decisione del re non sorprende. In Spagna, infatti, è ormai consuetudine che il mandato venga affidato al leader del partito che ha ottenuto più voti. E così è stato anche questa volta. L'unica eccezione è quella del 2016. In quell'occasione, infatti, Mariano Rajoy preferì non accettare la proposta del sovrano di provare a formare un nuovo governo.
Ora, il leader del Partito popolare si trova davanti a uno scenario non facile. Ha infatti il compito di provare a formare un nuovo governo con Vox, Coalición Canaria e Upn. I numeri però non sono a suo favore. Il partito popolare, infatti, può fare affidamento su 137 seggi; Vox su 33; Coalición Canaria e Upn, uno a testa. Totale: 172. Quattro seggi in meno rispetto a quelli necessari per ottenere la maggioranza assoluta alle Corti e poter così andare al governo. Un ruolo fondamentale potrebbero averlo i baschi moderati del Pnv, che possono contare su cinque seggi, e che potrebbero sostenere Feijóo, anche se durante le consultazioni avevano affermato di non apprezzare l'ipotesi di una nomina lampo e, nelle scorse settimane, avevano deciso di dare i loro voti ai socialisti per eleggere Francina Armengol come presidente del Congresso.
Feijóo si trova ora a fare i conti soprattutto con Vox. Già nella mattinata di ieri, infatti, il leader popolare aveva chiamato Santiago Abascal sottolineando come i due partiti fossero uniti da «un rapporto di normalità democratica», un riferimento alle ultime diatribe, e condividessero l'obiettivo di «proteggere la nazione e difendere la costituzione». Del resto, vedere insieme popolari ed esponenti di Vox non è una novità visto che governano già diverse comunità autonome e municipi. Una vittoria per Abascal, visto che più volte aveva chiesto a Feijóo di valorizzare la loro alleanza a livello locale. Questo lo stato dell'arte.
Sanchez però ancora spera che l'operazione dei popolari possa trasformarsi in una débâcle.
A quel punto, dovranno essere i socialisti a provare a formare un nuovo governo, partendo però da 152 seggi, visto che i catalani di Erc e Junts e i partiti EH Bildu e BNG non hanno partecipato all'incontro con il capo dello Stato. Tra le tante incognite politiche, l'unica certezza è che la Spagna, oggi, è un Paese profondamente diviso. E che chiunque andrà al potere dovrà tenerne conto.
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