C'è l'idea del gioco di squadra nella proposta - formulata ieri per primo dal capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti - di «cartolarizzare» i crediti fiscali lasciati dai cantieri del Superbonus. Un macigno che, considerando gli altri bonus edilizi, grava per 110 miliardi sui conti pubblici, secondo i calcoli del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. Abbastanza per schiacciare non solo un comparto chiave come quello dell'edilizia ma per compromettere la stessa tenuta del Pil. Questo stesso macigno, se cartolarizzato, sarebbe però come ridotto in ghiaia e redistribuito sul mercato, rendendolo così sostenibile.
Una operazione di cartolarizzazione, detta anche securitization, consiste infatti nello spezzettare e impacchettare i crediti in altri prodotti, per esempio obbligazioni, poi ricollocati sul mercato tramite una apposita società veicolo. Nell'ediliza come in finanza ogni «ristrutturazione» comporta un costo ma la partita è di tale magnitudo da richiedere una risposta di sistema. Tanto che domani pomeriggio sono stati già convocati a Palazzo Chigi prima i vertici di Abi, Cassa depositi e Prestiti e Sace, poi quelli di Ance, Confedilizia, Confindustria, Confapi, Cna e Alleanza cooperative italiane. La filosofia dell'intervento allo studio non si allontana peraltro molto da quello a cui sono già ricorse più volte le banche per liberarsi dalle cosiddette «sofferenze» lasciate dalle crisi degli ultimi anni: un esempio concreto di questi «crediti ammalorati» è rappresentato dalle rate dei mutui e dei prestiti che famiglie e imprese non sono riuscite a rimborsare.
Ad offrire un primo bilancio del Superbonus e dei suoi limiti è stata intanto la Cgia di Mestre: l'affare vale da solo 71,7 miliardi di sconti fiscali, sui 110 totali dei bonus edilizi, per un importo medio delle detrazioni alla fine dei lavori di 192mila euro per ogni asseverazione. Un costo molto ingente per lo Stato e quindi per la collettività ma che, prosegue la Cgia, ha portato un beneficio solo a pochi fortunati : gli immobili interessati al Superbonus sono stati infatti finora 372mila, pari al 3,1% dei 12,1 milioni di edifici residenziali presenti nel nostro Paese. Insomma poco meno del 97% delle case è rimasto escluso dall'incentivo statale. Un assurdità se vista in controluce con la direttiva green, appena approvata dal Parlamento europeo, che fissa per le nostre case l'obiettivo della neutralità carbonica entro il 2050 e una serie di passi intermedi dal 2030. Quanto allo spaccato regionale, a ricorrere maggiormente al Superbonus sono gli abitanti del Veneto (4,4% delle case) ma sono Valle d'Aosta, Basilicata e Campania a guidare la classifica per valore medio delle detrazioni, con una spesa tra i 247mila e i 267mila euro. Sempre per curiosità statistica, ai 192mila euro di valore medio della detrazione, concorrono i condomini (654mila euro per richiesta), quindi gli edifici unifamiliari (125mila euro) e le ville bifamiliari (107mila euro).
Lo stesso Foti ha spiegato che la stretta decisa dal governo giovedì è dovuta al fatto che «quella che doveva essere una misura spot è andata degenerando», innescando una «bomba a orologeria» per i conti pubblici.
Un pericolo che il nostro Paese non può certo permettersi, soprattutto mentre a Bruxelles si discute di riattivare il Patto di Stabilità. Ma quanto accaduto con il Superbonus conferma la lezione di un vecchio adagio: Chi primo arriva, meglio alloggia. Soprattutto in Italia.
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