"Il reddito va forte al Nord" L'ultima bufala di Di Maio

Dal vicepremier cifre a caso: in Lombardia più domande che in Campania. Ma i dati sono parziali e non attendibili

"Il reddito va forte al Nord" L'ultima bufala di Di Maio

Il reddito di cittadinanza come le arance mandate in Cina con l'aereo: per il vicepremier Di Maio semplicemente un tema su cui fare propaganda, sparando cifre più o meno a casaccio. Gli agrumi italiani destinati ad atterrare a Pechino nella pancia di un cargo rimarranno una curiosità, visto che il volo inciderebbe troppo sui costi finali. Allo stesso modo i numeri diffusi finora sulle domande per ottenere il reddito sono poco più che un esercizio retorico. «Non è vero che andrà tutto al Sud, prima in classifica è la Lombardia», dice Di Maio. Il problema è che in questa fase nessuno è in grado di dire dove finiranno gli assegni. E a dir la verità nemmeno quanti assegni alla fine saranno effettivamente versati.

Secondo cifre ufficiali del ministero del Lavoro le richieste avanzate alla fine di marzo erano 853mila, corrispondenti ad altrettante famiglie in difficoltà. Seicentomila di queste domande sono state inoltrate via Caf. Ma questi ultimi li inviano all'Inps attraverso strutture nazionali e i dati non saranno scomponibili a livello regionale fino a quando i cervelloni dell'istituto previdenziale non provvederanno a «macinare» le richieste giunte (le prime statistiche arriveranno dopo il 15 aprile).

Quando Di Maio dice che in Lombardia le domande sono state 36mila e in Campania 32mila si riferisce solo a quelle presentate alle Poste: in tutto 253mila, meno di un terzo del totale. E per di più, riferiscono gli esperti, il terzo meno attendibile. In che senso? Molto semplice: domanda presentata non vuol dire domanda accolta. Bisogna che l'Inps verifichi l'esistenza dei requisiti previsti dalla legge. Per una misura paragonabile al reddito, e cioè l'Ape sociale, le bocciature superarono il 60% del totale. Per il Rei, il reddito di inclusione, diretto predecessore del Rdc, i rifiuti sono stati il 48,5%. Secondo le previsioni gli stop saranno maggiori per le richieste avanzate via Poste (l'impiegato allo sportello non fa nessun controllo e si limita a trasmettere la pratica) e minori per i Caf, dove un consulente verifica, sia pure genericamente, che ci siano i margini per la richiesta. Quindi, non solo il campione scelto da Di Maio è limitato, ma rischia di essere anche completamente sbagliato.

Per il governo in carica, peraltro, dare i numeri sul reddito di cittadinanza è ormai quasi una tradizione. Nella relazione che accompagna il provvedimento i beneficiari venivano fissati a quota 1,3 milioni. A fine aprile, secondo le previsioni, le domande presentate raggiungeranno forse il milione. Ma anche in questo caso si tratta di domande presentate, non accolte. Alla fine il totale sarà sicuramente minore. Che fine hanno fatto centinaia di migliaia di persone che risultano statisticamente disoccupate?

Qui anche gli esperti non hanno risposte univoche. Alla Consulta nazionale dei Caf c'è chi fa riferimento alla complessità della realtà sociale nel Sud: «Inutile girarci intorno: il problema del lavoro nero esiste ed è rilevante. Possiamo pensare che autodichiarare uno stato di fatto inesistente, assumendo anche degli impegni pesanti di fronte alla legge, abbia indotto molti alla prudenza».

C'è anche chi rievoca un precedente del 2015: in quell'anno entrò in vigore la riforma dell'Isee, che per scoraggiare gli imbrogli introduceva obblighi più stringenti che nel passato. «La conseguenza fu che le domande di Isee crollarono da un giorno all'altro».

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