![Il Copasir lancia l’allarme. "In Libia 700mila irregolari"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/10/1739163734-ajax-request.jpg?_=1739163734)
Dal Sahel alla Tripolitania, la situazione sull'altra sponda del Mediterraneo è sempre più complessa e rischia di diventare esplosiva. L'allarme viene fatto scattare dal Copasir nella «Relazione sulla situazione geopolitica del continente africano e sui suoi riflessi sulla sicurezza nazionale», approvata il 5 febbraio. Un documento con cui il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica fa il punto sul pericolo di una escalation dei flussi migratori, puntando i riflettori soprattutto sulla Libia, Paese entrato nelle ultime settimane nell'occhio del ciclone per via del caso Almasri.
Sì, perché anche se l'Italia monitora costantemente quanto accade sull'altra sponda del Mediterraneo, la situazione resta ad alto rischio. Gli accordi stipulati bilateralmente tra il nostro Paese e gli Stati di partenza e di provenienza hanno dimostrato di avere una solida efficacia ma il pericolo che decine di migliaia di migranti possano riversarsi in mare, rischiando la vita, e dirigersi verso l'Europa e l'Italia è concreto. «Lo Stato da cui parte la maggioranza dei migranti diretti in Italia è la Libia. I migranti si procurano il denaro necessario per il biglietto, da 2.000 a 5.000 euro a seconda del luogo di partenza, svolgendo lavori nelle città della Libia», spiega il Copasir, sottolineando che i migranti vengono nel frattempo alloggiati «in compound e quindi trasportati su camion per raggiungere la costa». Nello Stato nordafricano, spiega il Comitato parlamentare, il controllo dei flussi migratori irregolari è maggiormente efficace nella regione della Cirenaica, dove governa il generale Haftar, «mentre in Tripolitania le diverse fazioni e milizie presenti si dividono il controllo delle varie città coinvolte in questo traffico. Secondo quanto riferito nelle audizioni svolte, sono presenti circa 700mila immigrati irregolari in Libia e, secondo le autorità tunisine, circa 700-800mila in Tunisia». I numeri, sottolinea il Copasir, sono probabilmente sovrastimati, anche perché molti di questi irregolari in realtà si sono stabiliti nei Paesi nordafricani, sono residenti e lavorano lì, ma si tratta comunque di centinaia di migliaia di persone pronte a salire sui barchini della morte per raggiungere l'Italia e l'Europa. Nella relazione, una sezione è dedicata alle «Minacce alla sicurezza derivanti dalla presenza di attori statali esteri» e qui viene spiegato che «la Cina persegue l'obiettivo di un predominio sul piano commerciale e su quello del controllo delle risorse naturali, nonché dell'ampliamento della propria influenza geopolitica». Il Paese del Dragone, si legge nel rapporto, «risulta il più grande investitore infrastrutturale in Africa. La Belt and Road Initiative (BRI) ha generato prestiti e progetti miliardari, sebbene spesso associati a debiti onerosi per i Paesi africani». Invece, la Russia, le cui truppe Wagner sono ancora attive sul territorio, «sebbene meno influente economicamente, sta cercando di riconquistare nel continente la presenza persa dopo il crollo dell'Unione Sovietica e ha stretto legami strategici con alcuni Paesi chiave, fornendo supporto militare e diplomatico».
Di fronte a questo attivismo e alle opportunità che il continente africano può offrire, sarebbe «auspicabile l'elaborazione di una vera e propria strategia dell'Unione europea per l'Africa, eventualmente anche attraverso la previsione di un'istituzione permanente dedicata al continente africano». Una carta che l'Italia potrebbe giocare è la valorizzazione dei nostri contingenti militari «molto apprezzati dai governi dei Paesi africani per l'equilibrio e la professionalità con cui conducono le loro missioni.
Particolare rilievo rivestono i progetti rivolti alla formazione e all'addestramento delle forze armate per stabilire relazioni solide con i Paesi ospitanti», progetti propedeutici ad «accordi commerciali con le imprese del nostro Paese, comprese le industrie della difesa».
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