L'auto, un brandello del giubbotto, un paio di jeans, una cintura. Sono le uniche tracce del pediatra palermitano quarantenne, Giuseppe Liotta, scomparso sabato durante il nubifragio in Sicilia. Si stava recando all'ospedale di Corleone per alleviare le pene ai suoi piccoli pazienti quando è stato sorpreso dal fango e dall'acqua. Le ricerche proseguono, con tanto di cani e droni che sorvolano l'area in cui è stata rintracciata la macchina. Ma il terreno argilloso che circonda le rocche carbonatiche di Rao rende tutto più complicato. Le operazioni sono riprese ieri mattina e hanno interessato principalmente le forre delle «Gole del drago». La speranza non muore mai. Le ultime parole risalgono ala telefonata alla moglie Floriana, anche lei medico con due figli piccoli. Il pediatra era confuso e le chiese di lanciare l'allarme e di localizzare il suo cellulare perchè non sapeva dove si trovasse. Dopo quella telefonata, il silenzio. Quel giorno, nonostante l'allerta meteo, Liotta era salito a bordo del suo suv, una Tiguan bianca e si era messo in viaggio. L'auto, ritrovata diverse ore dopo, era chiusa a chiave, ma di lui nessuna traccia. Il quarantenne stava percorrendo la statale 118, per poi proseguire sulla provinciale 96. L'auto è però stata portata fuori strada dall'acqua che ha invaso la carreggiata. E da sabato, i colleghi dell'ospedale dei bambini, dove il pediatra ha lavorato per anni, sperano nel miracolo. Ieri al «Di Cristina» hanno dedicato un momento di preghiera a Liotta, descritto come un vero professionista. Tanto da scegliere di andare a Corleone nonostante la possibilità di essere sostituito.
«Un pediatra eccellente sia dal punto di vista professionale che umano - dice il primario delle unità di Neonatologia dell'Asp, Domenico Cipolla -. Lo stimano tutti per la gentilezza e la professionalità. Giuseppe ha lavorato all'ospedale dei Bambini, poi da febbraio ha deciso per la stabilizzazione all'ospedale di Corleone. La collega di guardia sarebbe rimasta anche la notte - aggiunge il primario -. Gli avevo detto che non era il caso di andare al lavoro. Alle 18 quando è partito da Palermo non c'era pioggia. La bomba d'acqua è caduta un'ora dopo. A metà strada ha fatto una seconda telefonata.
E la collega ha ribadito che c'era brutto tempo. Giuseppe è rimasto bloccato assieme ad altre auto. Se non fosse andato al lavoro non sarebbe successo nulla. Il suo senso del dovere lo ha portato da sfidare le intemperie. È stato un eroe».
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