E adesso? Il documento scritto dal Procuratore generale di Brescia Guido Rispoli, che esamina le possibili conseguenze sul sistema carcerario della prossima entrata in vigore della riforma della giustizia firmata da Marta Cartabia, ha lanciato un sasso nel pianeta dei magistrati. La riforma, che ha riscritto l'articolo 660 del codice di procedura penale, prevede che un imputato condannato in via definitiva a una pena inferiore ai quattro anni e che si veda trasformare la sua condanna in una pena pecuniaria debba pagare tutto sull'unghia, entro 90 giorni. Altrimenti il pm dovrà trasmettere la pratica al magistrato di Sorveglianza, che dovrà valutare se il condannato è insolvente o semplicemente un furbetto. Chi fino a oggi l'ha fatta franca o quasi, grazie a un sistema farraginoso, si vedrà condannato a una pena domiciliare, o peggio alla semilibertà sostitutiva, che vale 250 euro al giorno. Bisognerà «stare in un istituto di pena otto ore al giorno (fino a un massimo di due o quattro anni) e svolgere, per la restante parte del giorno, attività di lavoro, di studio, di formazione professionale utili alla rieducazione ed al reinserimento sociale». Questo prevede la Cartabia, la cui approvazione (a rischio incostituzionalità) è slittata al 30 dicembre.
Ma il sistema è pronto per questa modifica radicale? I magistrati di Sorveglianza avranno i mezzi necessari? E le carceri saranno pronte a ospitare i furbetti in apposite sezioni? Se l'è chiesto lo stesso Rispoli, che nel documento avverte il ministero della Giustizia e l'amministrazione penitenziaria. «La Sorveglianza dovrà essere posta nelle condizioni di compiere in modo approfondito e puntuale le indagini e gli approfondimenti», scrive il Pg. Serve quindi un potenziamento sia dei magistrati sia della polizia giudiziaria, «in particolare la Guardia di Finanza», che potrebbe venire «responsabilizzata sulla importanza di compiere tali indagini e tali approfondimenti con massima professionalità e massima solerzia». Quanto alle carceri «il sistema penitenziario dovrà essere in grado di garantire che le sanzioni sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità siano effettivamente applicabili».
Quindi servono spazi adeguati, sezioni autonome e un potenziamento degli organici degli Uffici Esecuzione Penale Esterne», coinvolti a pieno titolo in questa riforma. «Vi è dunque uno spazio temporale, sia pure alquanto ristretto, per approntare i mezzi e le risorse necessarie per soddisfare le due dette condizioni», avverte Rispoli, ma la politica si deve dare una mossa.
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