La riforma Cartabia è storia. Ma il centrodestra vuole di più

"Missione compiuta", esulta il ministro della Giustizia. Fi, Lega e Fdi preparano un'azione molto più incisiva

La riforma Cartabia è storia. Ma il centrodestra vuole di più

«Missione compiuta e all'unanimità», gioisce la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Mercoledì sera il consiglio dei ministri ha approvato tre decreti legislativi di attuazione della riforma della giustizia civile e penale e dell'ufficio per il processo. Un sì compatto, che mette la parola fine ad un travagliato iter parlamentare e garantisce il rispetto dei tempi previsti dal Pnrr: 19 ottobre per la riforma penale e 26 novembre per quella civile. Anche il via libera ai 2,3 miliardi di euro che andranno al settore.

È il primo atto del governo Draghi dopo le elezioni e in attesa del nuovo governo di centrodestra chiesto dagli elettori. Per la Guardasigilli si tratta di «riforme di sistema, importanti in quanto agiscono in profondità e nel tempo restituiranno al Paese una giustizia più vicina ai bisogni dei cittadini», ma ora bisognerà vedere come il suo successore intenderà agire. Perché è vero che Lega e Forza Italia ci hanno messo la firma e che alla Camera un mese fa anche Fratelli d'Italia, dall'opposizione, si è astenuta sul decreto attuativo della riforma penale, ma si sa che la coalizione ha nel suo programma molto di più. A cominciare dalla separazione delle carriere, battaglia storica di Silvio Berlusconi e su cui la Lega ha promosso un referendum poi fallito, ma anche dal sorteggio per le elezioni dei togati al Csm, dallo stop alle porte girevoli tra politica e magistratura. Punti già toccati dalle riforme, che hanno limitato ad esempio il passaggio di funzioni tra giudici e pm, cambiato il sistema elettorale a Palazzo de' Marescialli e ridotto molto l'agibilità di una toga in politica, però non fino al punto che il centrodestra vorrebbe, come hanno ricordato illustri esponenti oggi in corsa per il posto di Guardasigilli, come Carlo Nordio (eletto con FdI), Giulia Bongiorno (Lega) e Francesco Paolo Sisto (Fi). Tutti hanno detto che le riforme Cartabia sono «un passo avanti», ma di «compromesso» e bisogna andare più in là. Il capitolo giustizia si preannuncia come uno dei banchi di prova del nuovo esecutivo, fondamentale per capire che tipo di opposizione si troverà di fronte, se sarà costruttiva o riproporrà la vecchia cesura tra garantisti e giustizialisti. Dipenderà molto dal Pd, in cerca ora di un nuovo leader e dal M5S, che fino ad agosto contestava soprattutto alcune norme penali, pretendendo che si ritornasse al testo dell'exministro Alfonso Bonafede. Quanto ad Azione, le posizioni sono vicine ed Enrico Costa avverte che «la riforma non esaurisce le esigenze del sistema giustizia ma costituisce una solida base su cui proseguire in questa legislatura», annunciando che presenterà subito un disegno di legge per separare le carriere di giudici e pm.

L'Europa, comunque, può essere soddisfatta perché le garanzie di efficienza e tempi più ristretti sollecitate da anni ci sono tutte. Entro il 2026, in particolare, sono previsti riduzione del 25% della durata media del processo penale nei 3 gradi di giudizio, oltre alla giustizia riparativa e riti alternativi, ci saranno più udienze online, digitalizzazione già in corso per 11 milioni di fascicoli e nel civile giudizi meno lunghi del 40%.

Tutto questo prevede maggiori investimenti sul personale (già fatte assunzioni degli amministrativi), con uno staff per aiutare il magistrato a definire i giudizi, il nuovo «ufficio per il processo»con 16.500 collaboratori di pm e giudici sul modello dei clerk inglesi, metà già assunti.

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