
I russi, gli americani. Ma insomma, il capo dello Stato resta «sereno» e questa in due giorni è l'unica reazione virgolettabile e attribuibile dopo le parole della Zakharova.
Dunque non saranno gli attacchi a freddo di Mosca o il nuovo ordine mondiale che si profila con il flirt Trump-Putin a disturbare il Colle.
Sergio Mattarella è tranquillo, di una forza calma di chi aveva già messo in conto la bordata del Cremlino, che non è la prima e nemmeno l'ultima, e quindi tiene il punto. Non c'è bisogno di chiarire o di muovere la diplomazia: quando a Marsiglia ha evocato gli anni trenta, quando ha collegato il Terzo Reich all'aggressione all'Ucraina, sapeva benissimo che effetto avrebbero prodotto le sue frasi.
Eppure le ha pronunciate perché, come raccontano, qui in gioco ci sono le relazioni tra gli Stati, la funzionalità degli organismi multilaterali, il futuro dell'Europa e anche «l'interesse nazionale».
L'Italia sta con Kiev, parte lesa, Paese aggredito come ai tempi dei nazisti, e si batte per la libertà e la democrazia, perché non possono essere le armi a regolare i rapporti e le controversie tra i popoli. Un messaggio chiarissimo, che ha scosso lo zar, un po' meno le cancellerie occidentali. Si tratta di principi base, pietre angolari della nostra Costituzione e del nostro stare al mondo.
È la linea da seguire, nell'ambito delle alleanze, Ue, Nato, Onu. Perciò il giorno dopo Mattarella, oltre che «sereno», si ritiene pure molto soddisfatto per i numerosi attestati di solidarietà ricevuti. Un sostegno totale del Parlamento, fatta salva qualche reazione più tiepida. Una vicinanza bipartisan quasi completa, a partire da Giorgia Meloni che ha parlato di «insulti che offendono una nazione intera», passando per Tajani e Schlein e per finire a Benigni a Sanremo e all'associazione dei presidi delle scuole.
E poi messaggi, telefonate, prese di posizione di personaggi pubblici e di semplici cittadini. Il presidente «compiaciuto» sente l'Italia con lui. Il tentativo di dividere l'opinione pubblica e la politica è fallito. «Il Paese è unito», e non era così scontato. Nel 2018 il Quirinale aveva dovuto subire nel silenzio generale una potente aggressione cyber con raffiche di messaggi denigratori sui social network, ispirati verosimilmente da Mosca. E altre campagne simili sono previste in futuro.
Mattarella però va avanti lo stesso. L'agenda è fitta: domani e martedì sarà a Podgorica, per una visita ufficiale in Montenegro, mercoledì sul Colle saliranno i nuovi quattro giudici della Corte Costituzionale. Dopo mesi di stallo e di appelli a vuoto, il completamento dei ranghi della Consulta è un successo personale del capo dello Stato, che ha convinto Meloni e Schlein a parlarsi e a trovare finalmente un'intesa sui nomi, nel quadro della piena funzionalità dell'organo e dell'interesse generale.
E nell'interesse generale figura pure la continuità in politica estera, al di là dei premier che si succedono a Palazzo Chigi. Sul sostegno all'Ucraina poi si registra una assonanza totale con la presidente del Consiglio. Meloni ha ricordato pochi giorni fa incontrando Zelensky che «il nostro sostegno a Kiev è immutato». Mattarella da parte sua non hai mai smesso di condannare l'invasione e di appoggiare una pace giusta. Da qui il senso della lectio magistralis di Marsiglia.
Negli anni Trenta «il criterio della dominazione prevalse su quello della cooperazione», come l'aggressione russa. E ricordare la storia serve a illuminare i rischi di un presente carico di incognite, vista la crisi profonda degli organismi internazionali.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.