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Ristoratori, sfida alle multe "Vogliono pagarle i clienti"

Nonostante le defezioni in extremis sono decisi a ignorare i divieti: "Altrimenti per noi è la rovina"

Ristoratori, sfida alle multe "Vogliono pagarle i clienti"

Milano. C'è chi si è tirato indietro all'ultimo, chi invece ha mandato avanti gli altri, chi condivide ma preferisce astenersi, chi si avventura in quello che si ostina a definire un delivery «spinto» - preparando cibo da mangiare seduti solo per il personale - ma non oltre, chi addirittura ammette: «I clienti continuano a chiamarci e sono disposti a pagarci la multa loro pur di passare una serata al ristorante senza particolari restrizioni».

Diverse anime, tante defezioni in extremis dopo proclami trionfali tipo «lancia in testa» e una gran numero di soluzioni al limite tra l'illegale e il non per #Io Apro, la giornata di protesta di ieri durante la quale i ristoratori avrebbero dovuto, secondo i progetti iniziali, tenere le serrande alzate senza rispettare gli orari di chiusura imposti dal Dpcm in scadenza (ma sostituito a breve da un altro dello stesso tenore) e non abbassare le serrande alle 18, come previsto dal provvedimento, consentendo invece ai clienti di cenare fino alle 21.45 in rispetto però del coprifuoco delle 22. Già dal primo pomeriggio le forze dell'ordine - pur senza spedire in giro per la città «squadre punitive», come ci tengono a spiegare al Dipartimento di pubblica sicurezza - hanno impiegato personale in funzione di monitoraggio nel centro e nelle periferie e oggi daranno un bilancio sul numero delle sanzioni. Tuttavia la circolare della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe), che sconsigliava i ristoratori di aderire alla protesta, le presa di distanze di Confcommercio dall'iniziativa nonché gli introiti azzerati degli ultimi mesi che verrebbero ulteriormente penalizzati da multe salatissime, ha indotto molti a fare un passo indietro.

Certi i dati diffusi ieri dalla Coldiretti proprio per spiegare la protesta dei ristoratori parlano di un vero e proprio crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi che ha travolto a valanga interi settori dell'agroalimentare made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore stimato in 9.6 miliardi nel 2020.

«Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale, ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale, ricorda ancora la Coldiretti. Spiegando che sono coinvolti 360mila tra bar, mense, ristoranti e agriturismi, ma che le difficoltà si trasferiscono a cascata sulle 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3.8 milioni di posti di lavoro.

«Lo Stato ci faccia lavorare o andremo in rovina. Però ci avvisi dieci giorni prima: io ho saputo due ore fa che il presidente del Consiglio Conte ha messo l'Alto Adige in zona rossa! Non si può. Ci stiamo inventando di tutto e non per sopravvivere, ma per pagarci le spese e far lavorare i dipendenti» ci ha confidato ieri Vincenzo De Gasperi, 52 anni, da 31 titolare dell'enoteca-ristorante «Johnson & Dipoli» di Egna, in provincia di Bolzano, in merito agli ultimi provvedimenti presi da Roma sulle «chiusure» delle Regioni per contrastare il Covid.

«Certo, anche i ristoratori hanno le loro colpe: - ci tiene a sottolineare De Gasperi -. Non devono ammassare 80 persone in un locale che ne può ospitare al massimo 50, tanto per fare un esempio e in un periodo come questo devono rispettare le regole di distanziamento, è essenziale. Però il Governo non può chiudere le boutique per signora e lasciare aperti i negozi di articoli sportivi. Il rispetto ci vuole, ma da ambo le parti. C'è un picco di contagi? Chiuda località, città, ma non intere regioni. Altrimenti il Paese finirà in miseria in meno di un anno e mezzo».

Non ieri ma da oggi aprirà a pranzo e a cena Stefano Marazzato, 57enne titolare del notissimo ristorante «Don Lisander» in pieno

centro a Milano: «Fino a quando non arriva l'esercito - dichiara serissimo -. Anche perché i clienti ci chiedono straniti come mai l'autogrill di Lainate la sera sia sempre pieno, con clienti seduti e senza mascherine...».

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