In questa immobilizzazione di massa forse qualcuno ha travisato la regola aurea che ci mette al riparo dal contagio: «restate a casa!» non significa «restate in pigiama». Certo, farne una questione di dress code quando c'è in gioco la salute può sembrare pretestuoso, è risaputo che ognuno a casa propria fa quello che gli pare, eppure se c'è una cosa che ci insegna questa emergenza è che non esiste niente di maggior interesse pubblico del privato. Da Nord a Sud, la clausura imposta alle famiglie ha fatto riscoprire il focolare domestico, ce ne stiamo accorgendo guardando i social. Fioccano dirette dal sapore vintage con appassionanti (?) sfide a Monopoli, esibizionismo di hobby più disparati, recensioni di film e serie tv dal divano. Ma c'è una pratica che compare quasi in ogni auto-celebrazione dell'isolamento: l'ostensione del pigiama. Come se fosse un'armatura capace di rendere immuni, come se mostrarsi in négligée aiutasse a esorcizzare la paura in un moderno rito propiziatorio.
La minaccia del Coronavirus ha fatto scoprire le potenzialità del lavoro agile, ma ha dato dignità pure a un capo d'abbigliamento agile per eccellenza e finora reietto. Come una livella, lo indossano tutti: dallo stagista al dirigente in smart working, dal vip più o meno vip allo youtuber preferito dai bambini. Ovvio, le influencer non si sono fatte trovare impreparate e sfoggiano tenute finto-trasandate da milioni di like. E pazienza se l'operaio con la fabbrica sprangata si senta un tantino a disagio, perché lui la tuta blu non potrà metterla chissà fino a quando... A righe, con gli orsacchiotti, brandizzato dai più prestigiosi campus, di cotone o di flanella a seconda delle latitudini e del grado di freddolosità, quello che conta è rivendicare con orgoglio che ci si ferma, com'è giusto per carità. Magari, però, nella riunione in video con il capoufficio sarebbe più consono non presentarsi con un look da arresti domiciliari. Già, per sfilarci di dosso il pigiama deve prima passare la nottata.
Siamo tutti invitati al pigiama party nazionale rispettando la distanza di sicurezza, anche se più che una festa è in corso una seduta (sul letto, ça va sans dire) di psicoanalisi collettiva. L'altro giorno un amico mi ha girato un vocale. Diceva: «Come va? In questi giorni sono rimasto a casa con la mia famiglia. Mi sembrano brave persone...».
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