L'effetto delle scarcerazioni facili del governo e i pasticci del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede iniziano a farsi sentire. Ieri i carabinieri di Caserta hanno infatti notificato 57 procedimenti a carico di agenti della Polizia penitenziaria, su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, per i presunti pestaggi avvenuti il 6 aprile nell'istituto di pena in occasione della protesta avvenuta nel periodo di emergenza sanitaria. Tra i reati contestati anche la tortura, la violenza privata e l'abuso di autorità. Un'indagine che nasce dalle denunce che alcuni tra i reclusi avrebbero fatto al garante dei detenuti.
Gli avvisi emessi, però, hanno creato polemica perché, insieme ai tre magistrati (Alessandro Milita, Daniela Pannone e Alessandra Pinto) che si sono recati dentro al carcere con i militari dell'Arma per la notifica degli atti agli agenti in servizio, c'erano anche tre carabinieri in borghese che hanno fermato le auto all'ingresso dell'istituto. Ciò avrebbe creato tensione. I secondini, arrabbiati perché identificati per strada, si sono lamentati in maniera accesa. Qualcuno ha fatto anche dei video e alcuni agenti sono saliti sul tetto del carcere in segno di protesta. Tra gli indagati c'è, peraltro, anche il comandante della Penitenziaria Gaetano Manganelli. Durante l'operazione sono stati sequestrati anche i telefoni cellulari degli indagati. «Ma c'è stata la massima collaborazione - spiegano dal comando provinciale dei carabinieri di Caserta - e tutto si è svolto con pacatezza ed educazione, sia in carcere sia nelle case dei colleghi che non lavoravano. Solo all'ingresso - proseguono - dovevamo individuare 3 agenti in servizio montante e si è creata un po' di confusione perché ricevere magistrati e carabinieri non fa piacere a nessuno. Ma non siamo stati noi a fare lo show. Abbiamo avuto il massimo rispetto ed eseguito ciò che ci è stato detto dai magistrati presenti». Peraltro, nessuno all'ingresso ha notificato avvisi di garanzia o fatto perquisizioni.
Michele Vergale, dirigente nazionale Sippe, racconta: «I poliziotti penitenziari si sentirebbero offesi per le modalità in cui sarebbero stati trattati, considerato che questa azione sarebbe avvenuta in presenza dei familiari dei detenuti». E dice che «durante il blocco non erano presenti sul posto nessun funzionario della polizia penitenziaria e neanche il direttore e questo avrebbe fatto scatenare la rabbia di tanti colleghi».
Gaetano Napoleone, assistente capo in servizio al carcere, spiega: «Quel maledetto 6 aprile noi cercammo solo di riportare la calma tra i detenuti. E ora ci ritroviamo indagati mentre nessun detenuto ha pagato nulla, neanche un danno. Siamo arrabbiati, perché ci sentiamo trattati male». Donato Capece, segretario generale del Sappe si chiede se «era necessario fare questo show senza senso». Per l'Fp Cgil Polizia penitenziaria la responsabilità «è in capo alla direzione del carcere, responsabile della sicurezza e dell'incolumità del personale e dei detenuti. Non c'è stata alcuna gestione delle rivolte, i lavoratori sono stati lasciati soli». Ieri all'istituto è andato in visita anche il leader della Lega Matteo Salvini.
«Non si possono indagare e perquisire come delinquenti - ha detto - dei servitori dello Stato» e ha rimarcato l'importanza della dotazione alla penitenziaria di «pistola elettrica e video sorveglianza. Perché - ha concluso - le rivolte non le fermi con le margherite».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.