Rogo di Centocelle, già libero il rom accusato dell'omicidio

Sospettato dell'incendio in cui morirono tre sorelle, ma per il gip gli indizi non sono abbastanza gravi

Rogo di Centocelle, già libero il rom accusato dell'omicidio

Roma Due anni fa scippò una ragazza e lei morì tentando di inseguirlo. Ora è accusato del rogo di Centocelle, nel quale il 10 maggio scorso sono morte tre sorelle rom. Eppure Serif Saferovic da oggi è di nuovo libero.

L'ennesimo paradosso della giustizia italiana ha il volto del ventenne, pregiudicato per reati contro il patrimonio e gravemente indiziato, secondo gli inquirenti, di aver appiccato il fuoco al camper in sosta nel parcheggio del centro Commerciale Primavera di Piazza Mario Ugo Guatteri, alla periferia est di Roma, nel quale dormivano i coniugi Halilovic e gli undici figli. Madre, padre e gli undici ,aschi erano riusciti a salvarsi, ma per Elisabeth, Francesca e Angelica non c'era stato nulla da fare. A prendere la decisione di scarcerare il giovane, fermato giovedì scorso a Torino, è stato il giudice Alessandra Danieli, che ha convalidato il fermo di polizia ma, contrariamente a quanto sollecitato dalla Procura di Roma, non ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per «mancanza di gravi indizi di colpevolezza».

Serif Saferovic, quindi, è libero. Libero anche di delinquere di nuovo. A febbraio era stato condannato a due anni di carcere, con pena sospesa, per lo scippo ai danni della studentessa cinese Yao Zhang, morta il 5 dicembre scorso dopo esser stata travolta da un treno mentre inseguiva lui e un altro ladro. Gli inquirenti, però, hanno escluso un collegamento tra le due vicende. Il nuovo fermo, invece, è stato eseguito giovedì scorso, come risultato delle indagini condotte dalla sezione omicidi della squadra mobile capitolina in collaborazione con quella del capoluogo piemontese. L'accusa per lui è di omicidio volontario plurimo. Quella tragica notte Elisabeth, Francesca e Angelica non fecero in tempo a uscire dal camper in fiamme. Ma i video delle telecamere di sorveglianza e le testimonianze raccolte dai genitori delle vittime hanno permesso agli investigatori di ricostruire quanto accaduto.

La polizia ha accertato che tutto si riconduce a una lite tra gli Halilovic e uno dei Seferovic, maturate all'interno del campo nomadi di via Salviati. L'omicidio è stato l'epilogo di una serie di minacce, violente liti e danneggiamenti, sintomatici del clima esistente da tempo fra i due nuclei. Proprio per il degenerare dei rapporti pochi giorni prima della tragedia i Seferovic avevano abbandonato l'accampamento. Subito nel mirino degli investigatori è finito Serif che, tra l'altro, era in possesso di un furgone con le stesse caratteristiche di quello presente sulla scena del delitto e utilizzato dagli autori del rogo. Ma questo non è bastato a tenerlo in prigione. «Sono soddisfatto del risultato ottenuto - commenta l'avvocato difensore Gianluca Nicolini -. Sin dal primo momento il mio assistito si era dichiarato innocente ed estraneo ai fatti».

«Ma in quale Paese normale - incalza invece il senatore Roberto Calderoli, della Lega Nord - una persona che ha provocato la morte di una ragazza ed è accusato di averne uccise altre tre resta libero di delinquere ancora?». Oggi, intanto, sono previsti gli esami irripetibili per comparare il dna dell'indagato con le tracce repertate sul luogo del rogo. Accertamenti che potrebbero portare nuove risposte.

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