É ancora scontro tra governo e regioni sui parametri che oggi determinano il passaggio di colore. Per i governatori sarebbe preferibile dimenticare giallo, rosso ed arancione passando ad un sistema semplice con tre livelli di rischio. I criteri vanno cambiati anche alla luce della campagna vaccinale e su questo punto concordano ora persino i tecnici più rigoristi. Ma sulla strada da intraprendere l'accordo è ancora lontano. Il pomo della discordia è l'Rt, il famigerato indice di trasmissione che da settimane è sotto attacco da parte della Conferenza delle Regioni perché rischia di far ricadere in zona arancione, o peggio ancora rossa, aree che in realtà non sono sotto stress dal punto di vista epidemico. Ed ecco che si affaccia l'ipotesi di privilegiare l'Rt ospedaliero, ovvero il tasso di occupazione dei posti letto anche in terapia intensiva. Ipotesi sulla quale ci sarebbe una convergenza, anche se non unanimità, all'interno del Comitato tecnico scientifico. Ma il governatore della Liguria, Giovanni Toti, alza subito il tiro perchè si potrebbe verificare un paradosso: «Se a inizio settimana ho due posti letto occupati e diventano quattro, l' Rt ospedaliero aumenta del 100%. Ma è evidente che quattro posti letto occupati non sono un'emergenza», avverte.
Insomma trovare il punto di caduta non sarà facile anche se tutti concordano che vada assolutamente valutato il criterio della quota di vaccinati: l'immunizzazione progressiva della popolazione permette sicuramente di allentare gradualmente le misure di restrizione.
«Il ragionamento sulle regioni a colori e l'Rt dei contagi è stato affrontato nel mese di ottobre quando la campagna vaccinale non era iniziata ora invece è possibile prendere in considerazione il numero delle persone che sono vaccinate e l'Rt calcolato sui ricoveri ospedalieri» afferma Fabio Ciciliano, componente del Comitato tecnico scientifico.
L'orientamento del Cts sarebbe dunque quello di calcolare oltre all'indice di trasmissione Rt fondato sull'andamento dei nuovi contagi l'indice dell'occupazione dei posti letto. Ipotesi che si è riaffacciata più volte nel corso della pandemia perché si tratta di un dato solido che non fluttua a seconda della quantità di tamponi effettuati. Insomma, puntualizza Ciciliano non si deve guardare soltanto al numero dei positivi «che ovviamente continuano ad esserci» ma invece al numero delle «persone che si ammalano e che va ad impattare sul sistema sanitario».
Un altro parametro che potrebbe prendere il sopravvento rispetto all'indice di trasmissione è quello dell'incidenza dei contagi rispetto alla popolazione: ci sono regioni che nell'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità non sono lontane dalla soglia di sicurezza fissata in 50 casi per 100mila abitanti con la quale si entra in zona bianca.
Rispetto alla possibilità di ritardare o addirittura cancellare il coprifuoco il Cts ribadisce che non esistono ragioni scientifiche specifiche per prevedere un livello maggiore di circolazione del virus spostando di un'ora o due il coprifuoco. Si tratta, dicono i tecnici, di una decisione politica.
Ed è certo che su questo punto il ministro della Salute, Roberto Speranza, preferisce la cautela: la sua indicazione è che sarebbe preferibile aspettare almeno un'altra settimana prima di ritardare le chiusure.Il bollettino di ieri segnala un tasso di positività al 2,4 per cento mai così basso dal 12 ottobre. I nuovi contagi sono 6.946, 100 i nuovi ingressi in terapia intensiva e 251 le vittime.
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