
«Farsa illegale, spreco fallimentare, operazione disumana». La sinistra e le Ong perdono la testa (e la faccia) dopo il decreto a costo zero e giuridicamente sostenibile col diritto Ue che ha implementato la funzione dei Cpr da 144 posti nell'hotspot di Gjader che rispetta le condizioni di trattamento poste dalla normativa Ue. L'Albania diventa a tutti gli effetti un Centro per il rimpatrio degli stranieri su cui pende un decreto di espulsione. Il testo è stato valutato attentamente dai tecnici del Viminale per renderlo in linea con l'articolo 3 della direttiva 115 del 2008 che vieta il rimpatrio in un Paese diverso da quello di origine ma che lascia liberi gli Stati membri sulle modalità, purché si rispettino le garanzie minime di una direttiva destinata a essere superata dal Patto Ue su migrazione e asilo che entrerà in vigore tra meno di un anno.
«Il provvedimento non è lesivo dell'ordinamento europeo, siamo intervenuti sulla legge di ratifica del protocollo con l'Albania, non sul contenuto», ha sottolineato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri. Ha reso utilizzabile la struttura già presente a Gjader per il trasferimento anche dall'Italia di persone su cui pende un provvedimento di espulsione e di trattenimento presso un Cpr, la cui posizione è già convalidata da un giudice. Da oggi sarà possibile il trasferimento in Albania non solo dei migranti richiedenti asilo maschi, maggiorenni e in buona salute provenienti da «Paesi sicuri» e salvati dalle nostre navi militari nel Mediterraneo in operazioni di soccorso (i cui rimpatri immediati in caso di respingimento sono vanificati dalle sentenze della magistratura), ma anche di tutti i clandestini destinati ai Cpr italiani ai quali si aggiunge Gjader. Migranti che arriveranno «quasi sicuramente via aerea o via nave, vedremo in base alle condizioni logistiche», con lo stesso meccanismo di ricerca del posto che già avviene negli altri Cpr. D'altronde, in punta di diritto «durante una traversata in mare uno straniero raccolto su navi militari italiane è entrato in territorio italiano».
«Che il Cpr sia fuori dall'Italia è irrilevante», ci spiega una fonte che ha lavorato al testo, la permanenza è «temporanea», in attesa dell'effettivo rimpatrio. Inoltre, il Cpr di Gjader non è (ancora) il return hub che la Ue vuole istituzionalizzare, ma è assimilabile a un Cpr italiano, in cui già la libertà personale è legittimamente soggetta a restrizione. Quanto al problema della logistica «già adesso molto spesso un cittadino trattenuto a Milano viene trasferito a Caltanissetta in Sicilia o a Macomer in Sardegna, i voli charter per i rimpatri partono quasi sempre dalla Sicilia», precisa il ministro. «Le modalità saranno articolate secondo le nazionalità e questo - ha aggiunto - ci consentirà di dare immediata riattivazione di quel centro che non viene snaturato», è il ragionamento del Viminale. Non si ferma il piano per avere almeno un Cpr in ogni Regione, «ne abbiamo già in cantiere cinque di cui due prossimi all'affidamento», fa sapere Piantedosi.
L'opposizione non ci sta: «Il cambio di destinazione d'uso dei centri in Albania è illegale e disumano», protesta Riccardo Magi di +Europa. «Hub in Albania spottone per fare propaganda pagato degli italiani», gli fa eco Enrico Borghi di Italia Viva. «L'operazione Albania era una bufala come il blocco navale: in realtà non fun-zio-na-no, si continua a sbarcare in Italia e non c'è alcun effetto deterrenza», scrive sui social Giuseppe Conte, presidente M5s. Affermazioni smentite dai dati del Viminale (9.116 arrivi a ieri, - 20% circa rispetto agli 11.373 nel 2024 e ai 27.283 nel stesso periodo del 2023), ma tant'è. «Aprire Cpr fuori dal territorio europeo è scelta di assai dubbia legittimità», è l'osservazione del Tavolo Asilo e Immigrazione.
«Non solo Giorgia Meloni non chiede scusa per i diritti calpestati e i soldi sprecati - spara la leader Pd Elly Schlein - ma
pur di mandarci qualcuno vuole trasformare l'Albania nel Cpr più caro della Storia, 800 milioni di euro in cinque anni». Se la segretaria sapesse che l'accoglienza costa oggi un miliardo all'anno forse cambierebbe registro.
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