Nicola Zingaretti «sogna» con il sì al taglio dei parlamentari un mostro giallorosso per scongiurare la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche. Ma la base dei democratici lo crocifigge e si schiera con il fronte del no al referendum. Il segretario del Pd - in un'intervista al Corriere della Sera , poi rilanciata sui propri canali social, apre al sì in vista della consultazione elettorale (20 e 21 settembre) sulla riforma di marca grillina che riduce i parlamentari da 945 a 600: «Sosteniamo da sempre la riduzione del numero dei parlamentari». Ma pone una condizione: «Per votare sì e far nascere il governo abbiamo chiesto modifiche dei regolamenti parlamentari e una nuova legge elettorale, per scongiurare rischi di distorsioni nella rappresentanza e tutelare adeguatamente i territori, il pluralismo e le minoranze. Tutta la maggioranza ha sottoscritto questo accordo, ora faccio un appello affinché sia onorato» puntualizza Zingaretti. Il segretario del Pd vuole incassare la cambiale subito: «Non è impossibile approvare la riforma elettorale almeno in una delle due Camere. Se c'è la volontà politica si può fare molto. Rispettare l'accordo permetterebbe anche di interloquire con i tanti dubbi e le perplessità che stanno crescendo; soprattutto in riferimento a un'insopportabile campagna in atto all'insegna dell'antipolitica».
Zingaretti getta la maschera e svela il prezzo dell'appoggio Pd alla campagna grillina per il sì: l'approvazione di una legge elettorale, un proporzionale secco, stile prima Repubblica senza premio di maggioranza, che scongiuri una vittoria del centrodestra alle prossime elezioni e favorisca governi dell'inciucio sul modello Pd-Cinque stelle. Presupposto indispensabile per mandare avanti legislatura e governo Conte. L'uscita di Zingaretti coglie di sorpresa il M5s. «Perché l'intervista - ragiona una fonte di primo piano nel Movimento viene interpretata come un passo indietro del Pd. La legge elettorale non l'ha bloccata il M5s, quindi per noi già da domani si può lavorare in commissione, quindi non si capisce Il perché di questa uscita a cavallo del referendum». Messaggio che il capo politico dei Cinque stelle Vito Crimi chiarisce con più nettezza: «L'avvicinarsi della data del referendum sul taglio dei parlamentari ripropone contestualmente quello della legge elettorale. Su questo tema centrale il Movimento 5 Stelle si è già espresso chiaramente, più volte e a più voci: i patti li rispettiamo e siamo disponibili a dare il nostro contributo in qualunque momento».
Nella maggioranza, infatti, lo stop alla legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% è arrivato da Italia Viva. Posizione ribadita ieri dal ministro renziano della Famiglia Elena Bonetti: «Non è una priorità. In questo momento, il Paese ha bisogno delle risposte che permettono di ripartire, alle scuole di ricominciare, ai luoghi del lavoro di diventare tornare a fare creatività e produttività, per dare al Paese lo sviluppo necessario per superare questa crisi enorme che abbiamo dovuto attraversare». E dunque nel M5S crescono i sospetti sulla mossa di Zingaretti. C'è chi ipotizza sia un tentativo di mettere le mani avanti. Per una ragione semplice: il leader del Pd non controlla la base che sembra orientata per il no. Ipotesi confermata da un indizio: basta leggere i commenti al post di Zingaretti dei militanti: tutti schierati in favore del no. È una Caporetto per il segretario. I toni sono simili a quelli di un addio, ormai alle porte, tra il Pd e Zingaretti.
C'è rassegnazione sulla deriva grillina del Pd. E anche una storica bandiera della sinistra come Michele Caiazzo, ex sindaco del Pd di Pomigliano D'Arco, città del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ironizza: «Zingaretti mi ha convinto. Voterò no».
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