Doveva essere il consiglio federale del redde rationem, della sfida a tutto campo tra l'ala salviniana e la compagine governista guidata da Giancarlo Giorgetti. Alla prova dei fatti la conta non c'è stata e la riunione ha confermato la coesione della Lega attorno alle posizioni del segretario.
Matteo Salvini prende la parola davanti a una platea composta dai massimi dirigenti del Carroccio. Ci soni i tre vicesegretari, Giorgetti, Andrea Crippa e Lorenzo Fontana, i governatori (Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana, Christian Solinas, Donatella Tesei, Luca Zaia), i capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, e i commissari regionali. Il leader leghista in un suo intervento di circa 50 minuti guarda al recente passato, analizza gli errori commessi in sede di scelta dei candidati governatori, promette che tempi e criteri di scelta verranno cambiati, con una accelerazione che dovrà arrivare già entro il mese di novembre per avere la mappa dei prescelti per la Amministrative. L'anno prossimo vanno al voto 25 capoluoghi e città importanti da Genova a Palermo, da Monza a Lecce. Bisogna fare presto e bene, spiega. Salvini cerca di riportare il dibattito su temi più vicini alla gente. Mi interessa parlare di flat tax o bonus ai genitori separati. Mi appassionano i temi concreti, non altro. Il nostro massimo impegno sarà indirizzato sul taglio delle tasse. Nove miliardi per regalare redditi di cittadinanza a furbi ed evasori non sono rispettosi di chi fatica e lavora.
Si lavorerà, dunque, sull'identità e sul programma. E lo si farà in una data già fissata: L'11 e 12 dicembre la Lega farà una conferenza programmatica a Roma per sancire, aggiornare e decidere i binari su cui viaggiamo annuncia Salvini. La visione della Lega è vincente, ne sono convinto. Non inseguiamo la sinistra, perché altrimenti perdiamo.
La necessità di mantenere salda una posizione di centrodestra ed evitare di entrare in spazi politici che non sono i nostri è manifesta. Salvini cerca di misurare la parole ma manda un messaggio chiaro, facendo capire che questo non è certo il momento in cui mettere in discussione le certezze acquisite negli anni.
Il segretario della Lega è convinto che inserirsi in un quadro di riferimento europeo, come vorrebbe Giorgetti, rappresenti una soluzione valida in astratto, ma questo non può voler dire piegarsi alla logica egemonica del centrosinistra. Il Ppe non è mai stato così debole, è impensabile entrare nel Partito popolare anche perché è subalterno alla sinistra. E noi siamo alternativi alla sinistra. Quindi in Europa avanti per un grande gruppo, identitario, conservatore e di centrodestra, alternativo ai socialisti con cui il Ppe governa insieme da anni. In Italia, invece, quello che abbiamo in testa è un governo liberale di centrodestra fondato su alcuni valori come la difesa della famiglia, delle libertà e il taglio delle tasse". Il governo di unità nazionale è una esperienza necessaria "per superare la pandemia", ma in futuro l'obiettivo sarà di nuovo un "governo di centrodestra".
Gli interventi che si susseguono, compreso quello di Giorgetti, non entrano nel merito della collocazione europea. Il ministro dello Sviluppo Economico, uscendo a tarda sera fa sapere che è andata benissimo e con Salvini non c'era nulla da chiarire. E' stato un bel consiglio federale. Una bella discussione, il confronto è sempre positivo. Salvini ha ascoltato tutti, anch'io ho espresso le mie idee.
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