"La prima volta ho fatto portare 4-5 persone sulla barca di un pescatore. Quando sono arrivati in Italia hanno parlato con i loro amici e così è stato il passaparola. Ora siamo conosciuti, sanno che siamo corretti, non freghiamo i soldi della gente". A parlare è un trafficante di uomini che, a volto coperto, parla davanti alle telecamere di Piazza pulita e racconta quello che da 8-9 anni è il suo lavoro.
I suoi "clienti" sono perlopiù tunisini, "giovani disoccupati" che "vogliono migliorare la loro condizione e aiutare la loro famiglia" e per riuscire a partire "vendono pasticche, ashis, alcool" o compiono "furti e attività illegali". "Sono giovani e - racconta - per uscire dalla povertà sono disposti a tutti. A volte sono i genitori a indebitarsi per farli partire. Poi ci sono i siriani e gli africani che vengono con le famiglie. Quelli scappano dalla guerra, è diverso". Il costo del viaggio dal 2005 a oggi è salito da 700 a 2000 dollari in contanti. " Gli africani li inghiottono o se li infilano di dietro" ma "il guadagno vero sta nel ritorno del barcone. Se lo riporti indietro buschi anche 30 mila sennò ti resta solo una manciata di dollari". Gli scafisti vengono pagati dai 5000 dollari in su ma "i professionisti che hanno riportato la barca valgono di più. Per esempio prendi 7000 subito e altri 7000 se riporti indietro il barcone". Al momento, la Libia è il Paese più difficile dove andare a lavorare perché "è nel caos e ci sono i terroristi" tanto che avverte: "Voi europei, se volete fermare gli sbarchi, riportate l’ordine in quel Paese". Lì gli sbarchi sono controllati dai "clan che si organizzano tra parenti". Si tratta di "gente ignorante che vuole fare solo i soldi" e che è protetta dai militari in divisa e dai miliziani. "Radunano i clandestini nelle fattorie di famiglia, - racconta - poi prendono un barcone qualsiasi e ci mettono sopra uno stronzo che non lo sa neanche guidare. Non gli frega niente della vita della gente. Neanche il gps gli danno, solo una bussola. Capisci che bestie che sono?". Il traffico delle grandi barche con a bordo 700 profughi, invece, è gestito dalla mafia turca perché deve necessariamente salpare da un porto: "Non la puoi riempire in alto mare col trasporto dei gommoni. Per riempirla - spiega il trafficante - con gommoni da 8-10 persone ci vorrebbero giorni di lavoro. Poi mi spieghi come fa una donna incinta o un bambino piccolo a salire? " e quindi per forza "ci deve essere una connivenza delle autorità dello Stato". Quelli imbarcati sono siriani che pagano "3-4000 dollari a testa che per 700 persone fanno 3 milioni di dollari a carico. Una nave dismessa ne costa al massimo 150 mila. Quando arriva a 20 miglia dalla costa italiana, l’equipaggio salta giù su un gommone veloce e buonanotte".
Una testimonianza che fa il paio con quelle raccolte dalla Stampa con un’inchiesta sui minori che scappano dall’Africa sui barconi. “Sono venuto dal Kenya - raccontare Ali, un somalo di sedici anni - e mi ci sono voluti due mesi per arrivare qui. Ho viaggiato dall’Uganda al Sudan e dal Sud Sudan poi in Libia. Ho deciso di lasciare il Kenya perché se non lo avessi fatto non avrei avuto un futuro. Non c’era scelta per me. Mia madre vuole che io torni a casa, ma non hanno una vita lì, la gente sta morendo. Non voglio tornare indietro”. Una volta arrivato in Libia è stato catturato e imprigionato dai trafficanti per un mese: “Mi hanno picchiato, hanno sparato in aria con una pistola per spaventarci. Mi hanno detto che se non avessi dato loro il denaro mi avrebbero sparato. Mi hanno picchiato con un bastone”. Poi il viaggio su un barcone in legno dove sono stati stipati in 400, la tempesta e la tragedia: “I trafficanti hanno spinto otto nigeriani in mare. E hanno spinto anche il mio amico. Sono annegati tutti”. Infine un sogno ambizioso: “Vorrei andare in Svizzera e studiare, mi piacerebbe lavorare per l’Onu a Ginevra”. Ismail, un suo conterraneo sempre di 16 anni, invece sogna di diventare “un grande difensore come Zambrotta”, ma per arrivare in Italia ha vissuto esperienze traumatiche per la sua giovane età. Durante il viaggio ha visto dei trafficanti violentare una donna incinta: “Abbiamo provato a difenderla ma ci hanno minacciato con le armi. Quando la donna è tornata da noi dopo la violenza voleva uccidersi ma siamo riusciti a calmarla”.
Arrivato in Libia, Ismail, ha subito il ricatto della polizia (300 dollari in cambio della libertà) e poi è stato venduto ai trafficanti prima di partire per l’Italia ed essere salvato da un peschereccio tunisino che lo ha consegnato alla Guardia Costiera Italiana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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