Sblocco dei crediti Superbonus. In campo Piemonte e Sardegna

Regioni di centrodestra al lavoro: a Torino stanziati 50 milioni. Salta la proroga a giugno per le villette

Sblocco dei crediti Superbonus. In campo Piemonte e Sardegna

Si muove qualcosa sul fronte Superbonus. Mentre potrebbe saltare l'emendamento al decreto Milleproroghe di Fratelli d'Italia per allungare la scadenza dal 31 marzo al 30 giugno del Superbonus al 110% per le villette, arriva qualche buona notizia per le imprese che non riescono a cedere i loro crediti. Dagli enti locali, infatti, sta partendo un'iniziativa per andare a sbloccare un mercato della cessione dei crediti fiscali ormai da tempo paralizzato. «Diverse regioni a guida centrodestra stanno facendo passi avanti concreti per acquistare i crediti fiscali fermi», ha affermato la deputata di Forza Italia, Erica Mazzetti. «L'obiettivo è sbloccarne almeno una parte per ridare fiducia agli operatori e al mercato».

Tra le primissime a intervenire c'è la regione Piemonte, guidata dal presidente Alberto Cirio, che ha deciso di acquisire da banche o intermediari finanziari crediti di imposta per un importo di circa 50 milioni annui, ripetibili anche negli anni successivi. A prevederlo è la bozza della legge di Stabilità 2023 varata nei giorni scorsi dalla giunta e che passerà ora all'esame del consiglio regionale, dove verrà approvata in via definitiva in primavera. L'idea è, quindi, liberare margine agli istituti finanziari per poter acquistare altri crediti dalle imprese. Un'iniziativa simile è allo studio anche in Sardegna e Basilicata, mentre la provincia di Treviso ha già attivato acquisti di crediti edilizi per 14,5 milioni di euro.

La situazione, del resto, non è semplice per il settore dell'edilizia. Secondo una stima di Ance, l'associazione dei costruttori, sarebbero 15 miliardi i crediti fermi e 25mila le imprese a rischio fallimento. Ogni miliardo di crediti incagliati, insomma, potrebbe produrre il blocco di 6mila lavori già avviati (tra villette unifamiliari e condomini) e il rischio di veder chiudere almeno 1.700 imprese con la perdita di 9mila occupati. «Ben venga che gli enti locali si stiano muovendo per cercare di trovare soluzioni al problema. Questo ci dà il polso dell'emergenza economica e sociale che si sta creando su tutto il territorio», ha commentato la presidente di Ance, Federica Brancaccio. Da Cna, la confederazione nazionale dell'artigianato, commentano positivamente la decisione delle regioni di centrodestra di sbloccare almeno una parte del mercato perché migliaia di imprese hanno tuttora in pancia una mole importante di crediti e rischiano di dover chiudere. Il governo Meloni, che ha ridotto il bonus al 90% in manovra di bilancio, medita su come intervenire.

Nel frattempo, un'altra partita importantissima sulla casa si gioca in sede europea: la nuova direttiva sulle case verdi dovrebbe porre l'asticella di tutte le abitazioni residenziali in classe energetica «E» entro il 2030 e in classe «D» entro il 2033. Sarà votata domani in commissione industria del Parlamento europeo per poi approdare a marzo al voto dell'Assemblea plenaria e quindi andare al negoziato con le altre istituzioni europee. Se così fosse, per l'Italia sarebbe un grosso problema, per questo la sfida è cercare di spuntare un meccanismo di flessibilità per un parco immobiliare datato e ricco di palazzi storici. Secondo l'agenzia Enea, il 74% delle abitazioni italiane è inferiore alla classe «D».

Adeguarsi potrebbe essere oneroso per i cittadini e anche per il governo: «Cinquanta miliardi l'anno è un investimento difficilmente sostenibile per le famiglie italiane e sicuramente non potrà essere il governo nei prossimi 5 anni a mettercene 20/30 all'anno», ha detto Matteo Salvini. «Non si possono imporre onerosi lavori ai privati» gli fa eco il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin.

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