Da sconosciuto a inscalfibile. Ma il vero rebus è il suo futuro

Nominato premier il 9 agosto '99. La nuova sfida sarà nel 2024: cambierà le regole per ricandidarsi ancora?

Da sconosciuto a inscalfibile. Ma il vero rebus è il suo futuro

Un rebus avvolto da un mistero, nascosto in un enigma. L'adagio di Churchill sul Cremlino è così vecchio da sembrare usurato. Ma nel tempo a Mosca le cose non sono cambiate molto. Nel momento in cui il potere di Vladimir Putin compie 20 anni, gli interrogativi, insoddisfatti, sono tutti rivolti al futuro: che cosa succederà nel 2024, quando alla scadenza del quarto mandato non potrà più ricandidarsi?

C'è chi è pronto a scommettere su una nuova modifica della Costituzione che gli permetta di proseguire nell'incarico; e chi al contrario interpreta gli eventi delle ultime settimane, le proteste di piazza a Mosca con più di mille arresti, come un sintomo di debolezza che potrebbe aprire nuovi scenari. Come al solito quando si parla di Putin, le ipotesi e le voci sono molte, mentre le certezze scarseggiano. La nomina a premier, il 9 agosto 1999, è la conferma di quanto il suo percorso sia costellato di sorprese. Allora, sconosciuto all'opinione pubblica e a gran parte degli osservatori occidentali, fu chiamato alla ribalta dal sempre più malato Boris Eltsin che lo incaricò di gestire una difficile successione. A quattro mesi dalla nomina del nuovo primo ministro, il presidente che amava la vodka anticipò le sue dimissioni, consentendo al delfino di affrontare una campagna elettorale in una situazione favorevole. Putin si sdebitò subito con un decreto che garantiva l'immunità totale al suo scopritore, al centro di un'inchiesta per corruzione.

La determinazione mostrata dall'ex funzionario del Kgb contro i guerriglieri ceceni («Li inseguiremo anche dentro il cesso»), soprattutto dopo una serie di attentati nelle città russe, contribuì in modo decisivo alla sua popolarità. Poco importa che le circostanze dell'ondata di terrore non siano mai state chiarite: l'ex spia Litvinenko scrisse in un libro che a mettere le bombe erano stati gli stessi servizi di sicurezza. Quello che conta è che un po' alla volta Putin dimostrò di essere in grado di far uscire il Paese dal caos degli anni Novanta. Già nel 2002 una band musicale formata tutta da ragazze, portò al successo una canzone in cui ritornello era un inno al presidente: «Voglio un uomo come Putin, che è pieno di forza/Voglio un uomo come Putin, che non beve una goccia»). Ad aiutarlo nella sua ascesa almeno due elementi. Prima di tutto i prezzi delle materie prime internazionali, alti per quasi un decennio, che consentirono all'esportatrice Russia inediti spazi di manovra in campo economico. Poi l'abilità dimostrata nel sostenere l'Occidente (e soprattutto gli Stati Uniti) nella lotta contro il nuovo nemico: il terrorismo islamico. La Russia dilaniata dalle faide tra oligarchi del decennio precedente tornò al tavolo delle Grandi Potenze.

Con il tempo qualche nodo è venuto al pettine: la dipendenza dalle esportazioni energetiche continua a essere eccessiva. Il risultato è una stagnazione che condanna il 15% della popolazione a vivere sotto la soglia di povertà (in numeri assoluti il drappello è cresciuto di 500mila persone nell'ultimo anno).

Per rimettere in sesto i conti, nel 2018 (proprio in coincidenza, guarda caso, con i campionati del mondo di calcio giocati in Russia) la soglia della pensione è stata bruscamente alzata. Oggi gli uomini possono smettere di lavorare a 65 anni, ma l'età media della popolazione maschile, trascinata verso il basso da alcol e cattive abitudini, è di 67. Anche per questo il gradimento del presidente ha avuto negli ultimi mesi un crollo di circa 25 punti: da quasi il 90% a poco oltre il 60.

Sono numeri che renderebbero felice ogni politico occidentale, ma che non bastano agli uomini del Cremlino per sentirsi sicuri. La vicenda del voto per il consiglio comunale di Mosca, previsto per i primi di settembre, è indicativa: i candidati dell'opposizione, già penalizzati da norme che privilegiano i partiti «ufficiali», sono stati in molti casi esclusi dalle elezioni con motivazioni risibili. Le proteste stroncate con la violenza.

Per Putin, lo ha detto lui stesso in una recente intervista, il concetto di «democrazia liberale» è tramontato.

La sua giornata di lavoro inizia con la lettura del contenuto di tre buste di cuoio: i rapporti quotidiani di Fsb (servizio segreto interno), Svr (spionaggio internazionale) e del Fso, le forze di sicurezza del Cremlino, la sua guardia pretoriana personale.

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