Scontro Germania-Francia sul Patto

Berlino vuole il taglio del debito, Parigi critica. Giorgetti: "Sostenere la crescita"

Scontro Germania-Francia sul Patto
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I rigoristi, guidati dalla Germania, contro tutti gli altri, in testa la Francia. Si apre tra le divisioni la partita sulla riforma del Patto di Stabilità sul tavolo della due giorni del Consiglio Ue.

I ministri delle Finanze cercano una mediazione sulla proposta di riforma presentata dall'esecutivo europeo. Ma i nodi restano diversi, e le posizioni distanti, tra accuse sibilline e lettere aperte. In quella firmata da undici Paesi membri, i ministri delle Finanze di Germania, Repubblica Ceca, Austria, Bulgaria, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia, Lussemburgo chiedono regole finanziarie «affidabili, trasparenti, vincolanti» e «criteri quantitativi applicabili in tutti gli Stati membri. Non possiamo permettere che i livelli di indebitamento crescano a oltranza crisi dopo crisi».

È il fronte compatto dei falchi, contro quello dei Paesi che non hanno firmato la lettera: Spagna, Grecia, Portogallo e Italia. «Speriamo che il lavoro sulla revisione della governance economica dell'Ue possa andare avanti rapidamente», auspica il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. La scadenza della legislatura impone di accelerare, ma non si intravedono accordi possibili a breve: «Il tempo non è illimitato. Se vogliamo prepararci per il ciclo dei budget del 2025 abbiamo bisogno di un accordo nei prossimi mesi», ricorda il commissario Ue Paolo Gentiloni. Il dialogo è aperto, ma difficile. Le posizioni sono nette e, per ora, abbastanza ferme. Tra queste c'è quella di Parigi. Il ministro Bruno Le Maire si dice contrario a «regole automatiche e uniformi. Sarebbe una colpa economica e una colpa politica. Abbiamo già cercato in passato di avere regole automatiche e regole uniformi. Ha portato alla recessione. È l'opposto di quello che vogliamo, più crescita, più prosperità e più posti di lavoro». Del resto se si va a leggere i dati tra il 2011 e il 2019 - cioè nell'era del rigore pre-Covid - Italia, Francia e Spagna hanno peggiorato il rapporto tra debito e Pil: l'Italia è passata dal 119% al 134%, la Francia dall'87% al 97%, la Spagna dal 70% al 93%. Unica virtuosa proprio la Germania, dal 79% al 59,6%.

Reintrodurre paletti rigidi adesso «sarebbe un errore politico», secondo il ministro francese, «significherebbe ignorare la necessità di rispettare la sovranità degli Stati». Per Berlino invece l'unica strada sono regole annue prefissate per ridurre il debito: dello 0,5% per i Paesi oltre i limiti dei trattati e dell'1% per quelli fortemente indebitati. «Non è troppo ambizioso ridurre dell'1% il debito rispetto al Pil», ripete il ministro tedesco Christian Lindner. «Ci sono Stati membri che superano il 100%, il che significa che nel corso della mia vita non li vedrò tornare al 60%».

Il titolare dell'Economia Giancarlo Giorgetti spiega che l'Italia «condivide il principio di responsabilità di finanza pubblica e si sta comportando in tal senso, ma il patto di stabilità è anche un patto di crescita». Roma per questo aveva chiesto di scorporare gli investimenti del Pnrr dai conteggi.

Bankitalia intanto ha rivisto al rialzo il Pil italiano per il 2023 che dovrebbe salire dell'1,3% contro il +0,6% stimato a gennaio.

La «discesa dei corsi energetici, più rapida di quanto ipotizzato» frenerà la corsa dell'inflazione. Ma gli effetti dei rialzi dei tassi si sentono, e per Via Nazionale si vedranno soprattutto l'anno prossimo, con una crescita che si fermerà al +1% invece del +1,2% delle stime precedenti.

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